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SONETTO C
Quando del suo tormento il cor si duole,
Sicch’ io bramo il mio fin, timor m’ assale,
E dice: il morir tosto a che ti vale,
Se forse lungi vai dal tuo bel Sole?
Da questa fredda tema nascer suole
Un caldo ardir, che pon d’ intorno l’ ale
All’ alma, onde disgombra il mio mortale,
Quanto ella può da quel, che ’l mondo vuole.
Così lo spirto mio s’ asconde e copre
Quì dal piacer uman, non già per fama,
O van grido, o pregiar troppo se stesso.
Ma sente ’l lumo suo, che ognor lo chiama,
E vede il volto, ovunque mira, impresso,
Che gli misura i passi, e scorge l’ opre.
SONETTO CI
Spirti felici, ch’ or lieti sedete
Tra l’ alme Muse, e di quel sacro monte
V’ è noto il fondo, e son le voglie pronte
Venute alfin dell’ onorata sete;
D’ un bel desir pietosi omai porgete
Le vostre destre a me, ch’ intorno al monte
Cercando vo con vergognosa fronte
L’ alma, che scorge il ben, ch’ or vi godete.
Non ch’ io pensi dar luce al chiaro Sole,
In cui mi specchio, nè ch’ un marmo breve
Non chiuda il nome mio col corpo insieme;
Ma che innanzi a que’ rai non sian di neve
Tante amorose mie basse parole,
Mentre sfogo il dolor, che ’l cor mi preme.