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SONETTO CIV


Se l’ empia invidia asconder pensa al vostro
   Lume, mio Sol, un raggio, allora allora
   Di sette altri maggior v’ adorna e onora,
   Quasi nova Idra, e bella al secol nostro.
Con chiare voci, e con purgato inchiostro
   Ogni spirto gentil, finchè l’ Aurora,
   Dove ’l Sol cade, il lume eterno adora,
   Com’ idol sacro, o divin raro mostro.
E quel cieco voler, che non intende
   L’ altiera luce, u’ più celar la crede,
   Più la discopre, e se medesmo offende.
L’ occhio all’ oggetto bel conforme il vede
   Sempre più chiaro; onde per voi s’ accende
   A virtù il buono, e ’l suo contrario cede.

 


SONETTO CV


Se quel superbo dorso il monte sempre
   Sostien, perch’ aspirare al Ciel gli piacque,
   Da peso e fuoco oppresso, e cinto d’ acque
   Arde, piange, e sospira in varie tempre;
E’ degno, che ’l passato duol contempre
   Il presente gioir; che Tifeo nacque
   Per alte imprese, e a forza in terra giacque:
   Non convien bel desir morte distempre.
Or gli dà il frutto la smarrita speme,
   Da cui può aver sì lunga e chiara istoria,
   Che compensi il piacer l’ avute pene.
Non cede il carco, che felice il preme,
   (Se nei spirti divini è vera gloria)
   A quel, che ’l vecchio Atlante ancor sostiene.