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CANZONE I


Spirto gentil, che sei nel terzo giro
   Del Ciel fra le beate Anime asceso,
   Scarco del mortal peso,
   Dove premio si rende a chi con fede
   Vivendo fu d’ onesto amore acceso;
   A me, che del tuo ben non già sospiro,
   Ma di me, ch’ ancor spiro;
   Poichè al dolor, che nella mente siede
   Sopra ogn’ altro crudel non si concede
   Di metter fine all’ angosciosa vita;
   Gli occhi, che già mi fur benigni tanto,
   Volgi ora ai miei, ch’ al pianto
   Apron sì larga, e sì continua uscita:
   Vedi, come mutati son da quelli,
   Che ti solean parer già così belli.

L’ Infinita ineffabile bellezza,
   Che sempre miri in Ciel, non ti distorni,
   Che gli occhi a me non torni,
   A me, che già mirando ti credesti
   Di spender ben tutte le notti e i giorni;
   E se ’l levarli alla superna altezza
   Ti leva ogni vaghezza,
   Di quanto mai qua giù più caro avesti;
   La pietà almen cortese mi ti presti,
   Ch’ in terra unqua non fu da te lontana:
   Ed ora io n’ ho d’ aver più chiaro segno,
   Quando nel divin Regno
   Dove senza me sei, n’ è la fontana.
   S’ Amor non può, dunque pietà ti pieghi
   D’ inchinar il bel sguardo alli miei preghi.