Pagina:Colonna - Rime, 1760.djvu/134

Da Wikisource.

SONETTO II


L’Alto Signor, del cui valor congionte
   Tien due varie nature un sol subietto,
   Prego che sia il mio Apollo; e gli occhi e’l petto
   Mi bagni omai del suo celeste fonte;
Sicchè scopra altre Muse, ed altro monte
   La vera fede al mio basso intelletto;
   E spiri l’ aura sacra alto concetto,
   Che renda al cor l’ eterne grazie conte.
Non cerco ornar le tempie mie d’ alloro,
   Nè con Icaro alzarmi; onde poi d’ alto
   Abbia a cader nel mio morir secondo.
Spero viver mai sempre, e d’ altro ch’ oro
   Aver corona, se con leggier salto
   Saprò in tutto fuggir dal falso mondo.


SONETTO III


Parrà forse ad alcun, che non ben sano
   Sia il mio parlar di quelle eterne cose,
   Tanto all’ occhio mortal lontane, ascose,
   Che son sovra l’ ingegno, e corso umano.
Non an, credo, costor guardato al piano
   Dell’ umiltate, e quante ella pompose
   Spoglie riporti, e che delle ventose
   Glorie del mondo ha l’ uom diletto in vano.
La Fè mostra al disio gli eterni e grandi
   Oblighi, che mi stanno in mille modi
   Altamente scolpiti in mezzo ’l core.
Lui, che solo il può far, prego, che mandi
   Virtù, che scioglia e spezzi i duri nodi
   Alla mia lingua, onde gli renda onore.