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SONETTO IV


S’in man prender non soglio unqua la lima
   Del buon giudicio, e ricercando intorno
   Con occhio disdegnoso, io non adorno,
   Nè tergo la mia rozza incolta rima;
5Nasce, perchè non è mia cura prima,
   Procacciar di ciò lode, o fuggir scorno;
   Nè che, dopo il mio lieto al ciel ritorno,
   Viva ella al mondo in più onorata stima.
Ma dal foco divin, che ’l mio intelletto,
10 (Sua mercè) infiamma, convien ch’ escan fuore,
   Mal mio grado, talor queste faville.
E s’ alcuna di loro un gentil core
   Avvien che scaldi; mille volte e mille
   Ringraziar debbo il mio felice errore.


SONETTO V


Con la Croce a gran passi ir vorrei dietro
   Al Signor per angusto erto sentiero,
   Sicch’ io scorgessi in parte il lume vero,
   Ch’ altro, che ’l senso, aperse al fedel Pietro.
E se tanta mercede or non impetro,
   Non è, ch’ ei non si mostri almo e sincero;
   (Lassa) ma non scorgo io con l’ occhio intero
   Questa umana speranza esser di vetro:
Che s’ io lo cor umil, puro, e mendico
   Appresentassi alla divina mensa,
   Ove con dolci ed ordinate tempre
L’ Angel di Dio, nostro verace amico,
   Se stesso in cibo per amor dispensa;
   Ne sarei forse un dì sazia per sempre.