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SONETTO LXIV


Per le vittorie qui rimangon spente
   Talor le virtù prime, perch’altera
   Contra de l’altra la vittrice schiera
   Mostra il superbo sdegno e l’ira ardente.
Scintilla alor di carità non sente,
   Né de l’alta umiltà la gloria vera;
   Sempre le par che ’l Ciel le rida, e spera
   Con l’altrui sangue assicurar la mente.
Ma nel Signor, quand’Ei fatt’uom qui vinse
   L’Inferno e ’l mondo, di luce infinita
   Lampeggiar sempre le virtù divine;
L’umiltà Lo spogliò, l’amor Lo avinse
   Di laccio, e in croce con chiodi e con spine
   Diede a Lui morte, a tutti gli altri vita.


SONETTO LX V


In forma di musaico un alto muro
   D’animate scintille alate e preste,
   Con catene d’amor si ben conteste
   Che l’una porge a l’altra il lume puro,
Senza ombra che vi formi il chiaro e scuro
   Ma pur vivo splendor del Sol celeste
   Che le adorna, incolora, ordina e veste,
   D’intorno a Dio col mio pensier figuro;
E Quella, poi, che in velo uman per gloria
   Seconda onora il Ciel, più presso al vero
   Lume del Figlio ed a la Luce prima,
La cui beltà non mai vivo penserò
   Ombrar poteo, non che ritrar memoria
   In carte, e men lodarla ingegno in rima.