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SONETTO XCVI


Le braccia aprendo in croce, e l’alme e pure
   Piaghe, largo. Signor, apristi il Cielo,
   Il Limbo, i sassi, i monumenti, e ’l velo
   Del tempio antico, e l’ombre, e le figure.
Le menti umane infin alora oscure
   Illuminasti, e dileguando il gielo
   Le riempiesti d’un ardente zelo
   Ch’aperse poi le sacre Tue scritture.
Mostrossi il dolce imperio e la bontade
   Che parve ascosa in quei tanti precetti
   De l’aspra e giusta legge del timore;
Oh desiata pace! oh benedetti
   Giorni felici! oh liberal pietade
   Che ne scoperse grazia, lume, amore!


SONETTO XCVII


Padre nostro e del Ciel, con quanto amore,
   Con quanta grazia e in quanti vari modi
   Dal mondo e da se stesso l’uomo snodi
   Acciò libero a Te rivolga il core!
Rivolto, poi di puro interno ardore
   L’accendi, e leghi con possenti nodi;
   Indi lo fermi con si saldi chiodi
   Ch’ogni aspra morte li par dolce onore.
Dal fermo stato poi nasce la fede,
   Da la fe’ lume, e dal lume la speme,
   E dal vero sperar fochi più vivi,
Perché non più rubello il senso crede
   A lo spirto, onde al Ciel volano inseme
   D’ogni cura mortai ritrosi e schivi.