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SONETTO LII
Sperando di veder là su ’l mio Sole,
Mi parea in terra far lunga dimora,
Non per esser nel Ciel seconda Aurora,
Come l’ amico nostro pensier vuole.
Ma s’ ei scacciar l’ oscure nubi suole,
Potria fugar le mie tenebre allora;
E far l’ alma sì chiara, ch’ ella ancora
S’ allegri più di quel ch’ or più si duole.
Gloria mi fu vederlo cinto intorno
Di mille nodi, e con l’ invitta mano
Scioglierli tutti, ed annodarne altrui:
Che saria rivederlo sopr’ umano?
Ei di me lieto, ed io beata in lui
Accompagnarlo a rimenare il giorno?
SONETTO LIII
Nel fido petto un’ altra Primavera
D’ altri be’ fiori, e d’ altre frondi adorna
Produce quel mio Sol, che sempre aggiorna
Dentro ’l mio cor dalla più alta spera.
Non cangia il tempo sua luce sincera,
Nè la notte s’ asconde, il dì ritorna;
Ma in quello, e ’n questo albergo ognor soggiorna:
Qui co’ be’ rai, là con sua forma vera.
Sono i soavi fior gli alti pensieri,
Ch’ odoran lieti per quell’ alma luce,
Che sol gli crea, nodrisce, apre e sostiene.
Le frondi, che fan vive i lumi veri,
E’ la fondata in lor mia certa spene
Di gir felice, ov’ ei lieto riluce.