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SONETTO LXXXII


Onde avvien, che di lagrime distilla
   Senza nuova cagion per gli occhi Amore
   Sì spessa pioggia, ed onde il tristo core
   Oggi più dell’ usato arde e sfavilla?
L’ antica piaga Amor sì larga aprilla,
   Che non la fa maggior novel dolore;
   Nè puote tempo il mio gravoso ardore
   Accrescer dramma, nè scemar scintilla.
Non ti sovvien l’ antico mio pensiero,
   Rispose, che si compie oggi il quart’ anno,
   Che ti coperse un doloroso manto?
Conobbi allor, che la passion il vero
   Mostrava ai sensi, ond’ era mio l’ inganno,
   E rinforzai con più ragione il pianto.


SONETTO LXXXIII


Lasciar non posso i miei saldi pensieri,
   Ch’ un tempo mi nudrir, felice amando;
   Or mi consuman, misera cercando
   Pur quel mio Sol per strani alti sentieri.
Ma tra falsi pensieri, e pianti veri,
   La cagion immortal vuol che obliando
   Ogn’ altra cura, io viva al fin sperando
   Un giorno chiaro dopo tanti neri.
Onde l’ alto dolor, le basse rime
   Muove, e quella ragion la colpa toglie,
   Che fa viva la fede, e ’l duolo eterno.
Infin all’ ultim’ ora quelle voglie
   Saran sole nel cor, che furon prime,
   Sfogando il foco onesto, e ’l duol interno.