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[v. 4-9] | c o m m e n t o | 59 |
sole, e però dice: Lo giorno se n’andava, quando io mi mossi, e l’aer bruno, come si fa la notte, Toglieva gli animai che sono in terra, Da le fatiche loro; perchè tutti li più animali dormono la notte e riposansi dalle fatiche del di’, et io solo uno; cioè Dante uno e solo; cioè non è accompagnato d’altro uomo, e per questo si dee intendere che Virgilio non era con Dante, se non quanto alla lettera, per seguitamento che Dante seguiva la sua poesia, et allegoricamente s’intende la ragione umana, come detto è di sopra, che non era altro che Dante. M’apparecchiava a sostener la guerra; cioè molestia e fatica, Sì del cammino, e per questo cammino s’intende la descrizione del luogo che veramente fu faticosa cosa: chè al vero si dee intendere che Dante non andasse all’inferno; ma nella mente sua lo figurò così, come poi lo scrisse. e sì della pietate; molestia e fatica che sostenne nella pietà che li movea la miseria de’ dannati: imperò che la pietà; cioè miseria che muove l’uomo a pietà, e pietà è compassione, che ritrarrà; cioè lo qual cammino e la qual pietà scriverà la mente che non erra. Benchè la mano sia strumento dello scrittore, la mente è quella che detta e ordina, e perchè ritraere è vocabolo fiorentino, che significa esemplare, doviamo sapere che la mente del poeta che finge e compone, ritrae et assempra dal suo semplice concetto; cioè da quel che à pensato, e mette poi fuori o con voce o con iscrittura. E notantemente dice che non erra: imperò che mente si chiama perchè si ricorda, e quando erra in ricordarsi non si può degnamente chiamar mente; ma smemoraggine, o vero dimenticagione. E sopra questa discrizione si dee notare allegoricamente che l’autore finge che l’andata sua ch’è nell’inferno, fosse di notte, e che una notte consumasse a vedere ogni cosa; cioè la notte sopra il sabato santo: chè tutto il di’ del venerdi’ consumò nel combattimento che ebbe con li vizi, e nella deliberazione che ebbe con la ragione significata per Virgilio, perchè considerare li vizi e le loro specie e pene a loro debite e convenienti è oscurità e tenebre a rispetto delle virtù, e sopra essi si turba la mente, come sopra le virtù si schiara, e in questo seguitoe Virgilio che finse che Enea discendesse all’inferno, e stesse una notte a vedere ciò che esso ne scrive. O Muse, ec. Qui pone l’autore la sua invocazione dicendo: O Muse, ec. Qui doviamo sapere, che le Muse secondo i poeti sono nove; cioè Clio che s’interpetra pensamento d’imparare, Euterpe che s’interpetra bene dilettante, Melpomene che s’interpetra facente pensamento di perseverare, Talia che s’interpetra capacità, Polinnia che s’interpetra facente molta memoria, Erato che s’interpetra trovante simile, Tersicore che s’interpetra dilettante la instruzione, Urania che s’interpetra celeste ingegno, Calliope che s’interpetra ottima voce. E queste nove cose si