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86 | i n f e r n o iii. | [v. 22-33] |
letizia del volto, io Dante mi confortai e presi speranza. Mi mise dentro alle secrete cose; cioè dentro dalla porta dell’inferno mi tirò, ove sono le cose segrete le quali niuno vivo può sapere, se non per revelazione, o per fede; et allegoricamente si dee intendere che la ragione conforti la sensualità per lo modo sopraddetto, quando teme d’entrare a considerare e conoscere sì fatta vita, acciò che sappia poi fuggire e dispregiare.
C. III - v. 22-33. In questi quattro ternari l’autore finge che poi che fu entrato nell’inferno per lo modo che fu detto di sopra, elli udì molti suoni di dolore, per la qual cosa domandò Virgilio, onde dice: Quivi; cioè in quel luogo ove Virgilio m’avea tirato, sospiri; che significano ansietà di cuore, pianti; che significano dolore, et alti guai; cioè alti1 voci di dolore, come grida et urli, Risonavan per l’aer sanza stelle; cioè per l’aere dell’inferno ove non sono stelle, Perch’io; cioè per la qual cosa io Dante, al cominciar ne lagrimai; perchè io non sapeva la cagione, al principio n’ebbi compassione. Diverse lingue; e per questo vuol significare che v’erano genti d’ogni linguaggio, orribili favelle; cioè parlari da far paura altrui, Parole di dolore, come a dire: Oimè! accenti d’ira; cioè modo di profferere che fa l’uomo quando è crucciato, voci alte; come a chi parla sopra voce usata, e fioche; come parla l’uomo quando è infreddato, e suon di man con elle; cioè e con quelle voci suoni di mani, cioè percotimenti dell’una man nell’altra; tutte queste cose insieme, Facevan un tumulto; cioè uno romore, il qual s’aggira; cioè sempre si ravvolge quel romore in giro: imperò che il luogo è tondo, secondo che finge l’autore sì, che il tumulto s’aggirava, Sempre in quell’aer sanza tempo tinta; cioè sempre in quell’aere tinto sanza tempo; cioè successione2: imperò che quivi non è successione di tempo: imperò che non succede la notte al di’, nè l’uno di’ all’altro, et ancora quivi non è tempo, perchè v’è perpetuità; o vogliamo intendere tinto sanza tempo, che l’aere era nero sanza tempo che ne fosse cagione, come a noi la notte quando è nubilosa, sicchè vuol dire, che quello era per propria natura del luogo, non per accidente. Come la rena quando a turbo spira. Fa una similitudine che così s’aggirava quello tumulto nell’aere, come s’aggira la rena nel mondo quando soffia il vento in giro. Turbo è impeto di vento; alcuna volta si piglia per lo giro come ora quivi, se il testo dice a turbo: imperò che s’intende quando il vento spira, cioè soffia a turbo, cioè a giro; ma se dicesse quando turbo spira, s’intenderebbe, quando l’impeto del vento che va in giro, soffia. Et io; cioè Dante, che avea d’error la testa cinta; cioè ch’era in errore di quel