Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/18

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xiv i n t r o d u z i o n e

studiosi di Dante. Leggendo questo e gli altri primi Commenti dobbiamo ricordarci bene qual si fosse allora la costituzione del mondo intellettuale, quando l’autorità della Chiesa universalmente signoreggiava, e Aristotele era il duca della umana ragione1, comecchè, a detta del nostro Francesco, per le nuove opere che erano state fatte già si cominciasse nelle scuole a lasciare quelle di lui2. L’evidenza della verità parea che non bastasse alle menti se anco non fosse corroborata da esempi autorevoli; e con un buono apparecchiamento di norme logiche eri meglio certificato di potere acquistare quello che avresti naturalmente avuto dal senso comune e dalla natura stessa delle cose, alle quali avessi applicato le tue potenze conoscitrici. Lo che non vuol dire che i generosi ingegni non trovassero modo di manifestare splendidamente il loro valore, o che quella coltura intellettuale sia poco degna della nostra attenzione. Ma l’autorità, la scuola, una logica anteriormente stabilita a regola comune del lavoro da farsi voi le trovate nei libri di questi Commentatori, e di qui prende forma scientifica la letteratura Dantesca del primo secolo. Aprite il volume di Pietro di Dante e nel suo principio vi leggerete queste parole: «Accedamus ad intelligentiam hujus Comoediae, ceu ad quamdam seram clausam aperiendam, quam scire aperire volendo opus et ut ejus vectes, id est causas, tentando primitus inquiramus,..... Porro in praesenti nostro opere, ut in quolibet alio actuali, quadruplex erit causa intimanda; scilicet, causa efficiens, materialis, formalis, et finalis. Magistraliter solet addi quis sit libri titulus, et cui parti philosophiae supponitur3.

  1. Dante nel suo Convito, trattato iv, cap. 6. Qui egli chiama Aristotele maestro e duca della ragione umana, e nel cap. 2 il maestro della umana ragione, come nella Divina Commedia: il maestro di color che sanno.
  2. Pag. 138.
  3. Pag. 2, seq.