Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/404

Da Wikisource.
360 i n f e r n o   xiii. [v. 79-151]

manda al vii cerchio: allora cade in questa selva e non gli è determinata parte niuna, nè grado; ma quivi ove fortuna la balestra si pone, e mette fuore, come fa lo granello della spelda 1 quando è seminato, e riesce una pianta salvatica, delle foglie della quale l’Arpie si pascono e fannoli dolore et apertura al dolore, onde si sciala dolore e lo lamento. E rispondendo all’altra domanda dice, che al di’ giudiciale verranno nel mondo per li loro corpi; ma non che si vestano d’essi, come l’altre: et assegna la cagione: Che non è giusto aver ciò ch’om si toglie; ma ciascuna anima sarà 2 ov’era lo suo corpo, e sarà nella selva ciascuno corpo appiccato al suo pruno. E soggiugne Dante che, quando stavano a udire Piero delle Vigne, elli furono sospesi da uno grande romore, come colui che sta nella selva a cacciare e sente fremito, come quando le bestie salvatiche corrono per la selva; e stando così, vidono venire due dalla parte manca ignudi e graffiati fuggendo sì forte, che rompeano ogni 3 ramo che incontravano innanzi a sè, e quel ch’era innanzi gridava: Accorri, accorri, morte; e l’altro che li venia dietro, che li parea tardar troppo, gridava: O Lano, le gambe tue non furon sì pronte alla battaglia del Toppo, quivi ov’elli era stato morto. E poi ch’elli non potè più correre, s’aggiunse a uno pruno appiattandosi dopo esso; e dietro veniano cagne nere, bramose e correnti, che n’era piena la selva, come veltri che fossono scatenati e giunsono a quel che s’era appiattato e strascinaronlo 4 a membro a membro e portaronsene le membra dolorose in bocca. Allora dice Dante che Virgilio lo prese per mano e menollo a quel pruno, che piangea per le rotture sanguinose che gli aveano fatte quelle cagne, quando stracciarono colui che era appiattato dopo lui, e dicea: O Iacopo da Sant’Andrea, che t’è giovato d’avere fatto riparo di me? che colpa ò 5 io della tua vita rea? E quando Virgilio fu fermato sopra esso, lo domandò chi elli fu che soffia per tutte rotture doloroso lamento e sangue; et elli rispose: Io vi priego, anime che siete giunte a veder lo stracio 6 disonesto che à dipartito da me le mie frondi, che voi ricogliate le mie foglie a piè del tristo cesto; io fui cittadino di quella città che mutò lo primo padrone nel Battista santo Giovanni, onde lo primo padrone sempre per questo la farà trista con la sua arte; e se non fosse che in su l’Arno, in sul ponte vecchio, rimane ancora di lui alcuna immagine, quelli cittadini che la rifondarono sopra il cenere che rimase d’Attila, avrebbono fatto lavorare invano: imperò che ancor sarebbe disfatta. Se vuoi sapere

  1. C. M. della spelta
  2. C. M. anima si raunerà lo suo corpo,
  3. C. M. ogni rappa che si trovavano innanti, e quel
  4. C. M. straccionnolo
  5. C. M. colpa abbo io della tua colpa ria?
  6. C. M. strazio