Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/407

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nostri corpi appesi; cioè appiccati, Ciascun al prun dell’ombra sua molesta; cioè dell’anima sua appenata e rincrescevole di vederlo: imperò che tutta volta l’arà 1 in odio. Et è da notare che qui parla l’autore come poeta: imperò che una cosa dice e un’altra intende: imperò ch’elli intende che resurgeranno come li altri, secondo che tiene la santa Chiesa; ma finge questo per convenienzia di pena al lor peccato, intendendo che strascinare 2 sia portare la cosa malvolentieri, come faranno quelli desperati, che sempre avranno lo lor corpo in odio; e dice che saranno appiccati ciascuno al pruno; cioè all’asprezza, e crudeltà dell’ombra sua molesta; cioè dell’anima sua, che sempre sentirà dolore d’aversi disperato; ma questo dolore fia sanza prò, come detto è di sopra.

C. XIII — v. 109-129. In questi sette ternari l’autor nostro discende a trattar dei violenti contra le lor cose, dicendo così: Noi; cioè Virgilio et io Dante, eravamo ancora al tronco attesi; cioè di Piero delle Vigne, Credendo ch’altro ne volesse dire; che quello che avea detto, Quando noi fummo d’un romor sorpresi; cioè sospesi e messi in dubbio d’un rumore che udimmo; e fa una similitudine, dicendo: Similemente a colui, che venire Sente il porco e la caccia; cioè li cani e la cacciata fiera, alla sua posta; cioè al luogo ove fu posto a guardare elli, Ch’ode le bestie; cacciate, e le frasche stormire; cioè far romore. Et ecco due della sinistra costa; ora dichiara chi facea questo romore, Nudi e graffiati, fuggendo sì forte, Che della selva rompeano ogni rosta; cioè ogni frasca: imperò che delle frasche si fa rosta alcuna volta. Qui dimostra l’autore le pene convenienti alli violenti contra le loro facultadi; prima, che sono nudi, e questo è vero: chè chi si priva de’ beni temporali è nudo; appresso è graffiato; cioè dalle infamie, vergogne e vituperi; e dice che fuggieno: imperò che, vedendosi vituperati e svergognati et infami 3, fuggieno per la selva de’ vizii rompendo le frasche; cioè stracciando e diffamando coloro che si sono disperati dicendo: Anzi fece peggio di me che s’uccise, così non voglio fare io; e questo è rompere le roste 4 per fuggire infamia ellino: imperò che levare le foglie alla pianta è levare la sua bellezza, e così levare la fama all’uomo. Ancor si può dire che questi così fatti, fuggendo per questa vita vadano rompendo le roste della selva; cioè vadano togliendo l’altrui: imperò che come dice Cato: Qui sua consumunt, cum deest, aliena sequuntur. E questo finge l’autore per mostrare la pena ch’anno li violenti contra le loro cose, mentre che sono nel mondo; e per fare verisimile la fizione, finge che bastino 5 loro ancora nell’inferno, come à fatto di tutti li

  1. Arò, arai, arete ec. non sono tuttora infrequenti nel popolo toscano, che le trasse dall’infinito are. E.
  2. C. M. stracinare
  3. C. M. infamati,
  4. C. M. le cose
  5. Altrimenti - guastino - Cod. M. vastino