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i n f e r n o xviii. |
[v. 67-136] |
Dice adunque che, poi che messer Venedigo si fu ito via, Dante
si tornò a dietro a Virgilio, et aggiunsesi con lui, et andarono poco
più oltre che trovarono uno scoglio ch’usciva della ripa, e facea
ponte sopra la detta prima bolgia. E dice che leggiermente montarono in su quello, e, montati a man ritta, si partirono da quelle
eterne circulazioni che faceano quelle anime. E quando furono in
sul mezzo del ponte, sotto lo quale passavano l’anime sferzate dai
demoni, Virgilio ammonì Dante ch’elli attendesse sì, che il volto di
quell’altra brigata si dirizzasse verso lui, de’ quali non avea ancor
veduta la faccia, perchè erano iti insieme con loro. E però mentre
che Dante guardava la traccia di costoro, i quali veniano dall’altra
banda similmente sferzati da’ demoni, Virgilio li disse sanza ch’elli
lo domandasse: Guarda quel grande che viene, che non par che
spanda lagrime per dolore: quanto aspetto reale tene ancora! Quelli
è Giasone, che per cuore e per senno privò quelli di Colcho del
monton del vello dell’oro; elli passò per l’isola di Lenno, poi che le
femine ardite e spietate di quella isola uccisono tutti li maschi, e
con segni d’amore e con parole ornate ingannò Isifile reina di quell’isola, la quale avea tutte l’altre femine ingannate: alla fine la
lasciò quivi gravida e soletta, promettendole di tornare. Et aggiugne
che tale colpa lo condanna a tal martirio; et ancora di lui si fa
vendetta per quel che fece a Medea, la quale ingannoe similmente;
et aggiugne che con lui se ne va chi inganna a tal modo, e questo
basti a saper della prima bolgia e di coloro chi ella punisce. Aggiugne che egli erano venuti già al discenso del ponte, ove quello scoglio s’incrocicchiava con l’argine secondo, e facea spalle a un’altro
che andava sopra la seconda bolgia: e quindi; cioè da quell’argine,
sentivano gente che piangeano nella seconda bolgia e bussavano 1
col muso, e sè medesimi percoteano con le palme. E descrive quella
bolgia, dicendo che le ripe sue erano gromate d’una muffa per
l’alito che venia di giù che s’impastava quivi, e facean 2 zuffa con li
occhi e col naso: et aggiugne che il fondo era sì cupo che non vi
poteano vedere, se non montavano in sull’arco dello scoglio ove più
sopra stava, e dice che montati lassù ragguardando giù, vide gente
attuffata in uno sterco che parea mosso dalli umani privadi. E
mentre ch’elli ragguardava 3 qui con l’occhio, vide uno col capo sì
lordo di sterco, che non parea s’elli era laico, o cherico; et aggiugne
che quello così lordo lo sgridò e disse: Perchè se’ tu ghiotto di mirare 4 più me che li altri brutti? Et allora Dante li rispose: Imperò che
sì bene mi ricordo, io t’ò già veduto con capelli asciutti, e se’ Alesso 5
- ↑ C. M. e sbuffava col muso,
- ↑ C. M. facea
- ↑ C. M. guardava giù coll’occhio,
- ↑ C. M. d’avvisare
- ↑ C. M. Allessio