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Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/53

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in Firenze udisse filosofia morale e quella maravigliosamente imparasse: della quale cosa elli medesimo testifica, e sì per la composizione della opera, ove si vede la distinzione di vizi e delle virtù, e sì per quel che dice nel canto xi di questa prima cantica, ove elli induce Virgilio a parlare a sè, dicendo: Non ti rimembra di quelle parole, Colle quai la tua Etica pertratta ec. nelle quali parole, poi che dice tua, vuole intendere che singularmente l’etica; cioè la filosofia morale, fosse a lui nota. E similmente udì nella detta città e studiò li autori poetici e storiografi, et ancora imparò altissimi princìpi nella filosofia naturale, sì com’elli dimostra per li ragionamenti avuti con ser Brunetto Latini, il quale in quella scienzia fu solenne uomo, et in altri luoghi dell’opera sua, ov’egli la tocca. Fu ancora lo prefato nostro autore passionato nella giovanezza sua di quella passione, che comunemente si chiama amore, com’elli dimostra in alcune delle sue canzoni morali; dico in alcuna: però che al mio parere in molt’altre ebbe altro intendimento allegorico, come ben si può accorgere chi perspicacemente legge quelle. Ebbe ancora sollicitudine delli onori publici della sua città, ai quali ardentemente intese, infino al tempo che esso e la sua parte furono cacciati; dopo la quale cacciata parecchi anni andò circuendo la Italia, avendo speranza da ritornare. Poi se n’andò a Parigi e quivi udì filosofia naturale e teologia, e divenne in essa valentissimo e, fatti li atti che si convengono alli sofficienti uomini; cioè disputazioni, sermoni, e lezioni, si ritornò in Italia ove stette in più luoghi. Ultimamente ridotto in Ravenna, avendo già cinquanta sei anni e quattro mesi, come catolico cristiano finio sua vita, a di’ 14 di settembre 1321 e fu sepolto alla chiesa de’ Frati minori in onorevole sepolcro, ove si dicono essere questi versi:

Jura monarchiae, Superos, phlegethonta, lacusque
Lustrando cecini voluerunt fata quousque:
Sed quia pars cessit, melioribus hospita castris
Auctoremque suum petiit felicior astris,