Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/651

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c a n t o   xxiv. 607

19Che come noi venimo al guasto ponte,
      Lo Duca a me si volse con quel piglio
      Dolce, ch’io vidi in prima a piè del monte.1
22Le braccia aperse, dopo alcun consiglio
      Eletto seco, riguardando prima
      Ben la ruina, e diedemi di piglio.2
25E come quei che adopera et estima,
      Che sempre par che inanzi si proveggia;
      Così, levando me su per la cima3
28D’un ronchione, avvisava un’altra scheggia,
      Dicendo: Sopra quella poi t’aggrappa;
      Ma tenta pria se è tal ch’ella ti reggia.4
31Non era via da vestito di cappa,
      Che noi a pena, ei lieve et io sospinto,
      Potavam su montar di chiappa in chiappa.56
34E se non fosse, che di quel procinto,
      Più che dell’altro, era la costa corta,
      Non so di lui; ma io sarei ben vinto.
37Ma perche Malebolge in ver la porta
      Del bassissimo pozzo tutta pende,
      Lo sito di ciascuna valle porta,
40Che l’una costa surge e l’altra scende:
      Noi pur venimo al fine in su la punta,
      Onde l’ultima pietra si scoscende.
43La lena m’era del polmon sì munta
      Quand’io fui su, ch’io non potea più oltre,
      Anzi m’assisi nella prima giunta.

  1. v. 21. C. M. vidi prima
  2. v. 24. C. M. diemmi poi di piglio,
  3. v. 27. C. M. su ver la cima
  4. v. 30. reggia. In antico nell’indicativo si disse reggio, traggio, e fuggio; e quindi reggia, traggia, e fuggia nel congiuntivo, come anch’oggi proferisce il popolo della Toscana. E.
  5. v. 33. C. M. Potevam
  6. v. 33. Chiappa; pietra, come odesi tutto di’ in quel di Genova. E.