Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/652

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608 i n f e r n o

46Omai convien che tu così ti spoltre,
      Disse il Maestro: chè seggendo in piuma,
      In fama non si vien, nè sotto coltre,
49Sanza la qual chi sua vita consuma,
      Cotal vestigio in terra di sè lascia,
      Qual fummo in aere et in acqua la schiuma.
52E però leva su, vinci l’ambascia
      Con l’animo che vince ogni battaglia,
      Se col suo grave corpo non s’accascia.
55Più lunga scala convien che si saglia:
      Non basta da costoro esser partito;
      Se tu m’intendi, or fa sì che ti vaglia.1
58Leva’ mi allor, mostrandomi fornito
      Meglio di lena, ch’io non mi sentia;
      E dissi: Va, ch’io son forte, et ardito.
61Su per lo scoglio prendemmo la via,
      Ch’era ronchioso, stretto e malagevole,
      Et erto più assai che quei di pria.2
64Parlando andava per non parer fievole;
      Et una voce uscì dell’alto fosso,3
      A parole formar disconvenevole.
67Non so che disse, ancor che sopra al dosso
      Fossi dell’arco già, che varca quivi;
      Ma chi parlava ad ira parea mosso.
70Io era volto in giù; ma li occhi vivi
      Non potean ire al fondo per l’oscuro;
      Perch’io: Maestro, fa che tu arrivi
73Dall’altro cinghio, e dismontiam lo muro:
      Che come io odo quinci, e non intendo;
      Così giù veggio, e niente affiguro.

  1. v. 57. C. M. fa che sì ti vaglia.
  2. v. 63. quel di pria.
  3. v. 65. C. M. Unde una voce