Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/662

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618 i n f e r n o   xxiv. [v. 16-33]


C. XXIV— v. 16-24. In questi tre ternari lo nostro autore adatta la detta similitudine a sè, dicendo: Così mi fece sbigottir lo Mastro; cioè Virgilio fece dubitar me Dante e perdere la speranza, come la brinata lo contadino, Quand’io li vidi; io Dante, sì turbar la fronte come detto fu di sopra cap. xxiii, quando disse: Lo Duca stette un poco a testa china. — E così tosto al mal giunse lo impiastro; cioè al mio temere lo conforto, come al temere del villanello, Che come noi cioè Virgilio et io Dante, venimo al guasto ponte; cioè ch’era caduto sopra quella sesta bolgia, sopra la quale tutti erano caduti li ponti, come detto è di sopra nel canto xxi che comincia: Così di ponte in ponte ec.; et assegna la cagione, perchè così finge l’autore, Lo Duca; cioè Virgilio, a me; cioè Dante, si volse con quel piglio Dolce; cioè con quella dolce faccia e non turbata, come prima, ch’io; cioè Dante, vidi in prima a piè del monte; quando per le tre bestie impedito tornò a dietro, come appare nel primo canto di questa cantica, quando Virgilio lo soccorse e prima li apparve. Le braccia aperse; cioè Virgilio, dopo alcun consiglio; cioè dopo alcuna deliberazione, Eletto seco; dice: imperò che la discrezione è quella che discerne, e lo libero arbitrio è quello che elegge, secondo che la ragione detta, riguardando prima Ben la ruina; di quel ponte guasto, e diedemi di piglio; cioè m’abbracciò e presemi con le braccia.

C. XXIV — v. 25-33. In questi tre ternari l’autor nostro dichiara a che fine Virgilio l’abbracciò, dicendo con una similitudine: E come quei che adopera et estima; cioè stima prima e poi adopera, et usa qui l’autore una figura che si chiama isteron proteron 1, Che sempre par che inanzi si proveggia; cioè ch’elli adoperi, Così, levando me su per la cima D’un ronchione 2; cioè d’un pezzo di scoglio; et adatta la similitudine posta di sopra, avvisava un’altra scheggia; cioè un altro pezzo di scoglio; e così si può intendere quel di sopra; cioè ch’ adopera quel ch’a stimato, et operando stima quel che dee operar poi, Dicendo; Virgilio: Sopra quella; scheggia, poi t’aggrappa; Ma tenta pria se è tal ch’ella ti reggia; cioè tu, Dante, t’afferra inanzi, che tu ti li affidi. Non era via da vestito di cappa; dimostra la malagevolezza della via, dicendo che non era via da quell’ ipocriti; e per questo allegoricamente vuol dimostrare che li ostinati non si possono partire dal peccato, e litteralmente dimostra che, benché elli e Virgilio n’ uscissono, non era possibile alli ipocriti d’ uscirne, Che noi a pena; cioè Virgilio e Dante, che non eravamo ostinati in tale peccato, ei lieve; cioè Virgilio che era spirito sanza carne, et io sospinto; cioè da lui come appar di sopra; e per questo dimostra che malagevolmente la ragione e la sensualità

  1. C. M. isderon proteron,
  2. C. M. roccione;