Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/712

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tendono per lo contrario ch’elle sonano, come qui che dice: Godi; quasi dica: Duolti e piagni, Firenze: questa ironia è necessaria, quando si fa l’apostrofa in materia derisoria, et usansi le sentenzie che sono mal dette et aggiugnesi a quelle la sentenzia vituperosa, come fa ora l’autore, dicendo: poi che se’ sì grande; erano allora i Fiorentini sparti molto fuor di Fiorenza per diverse parti del mondo, et erano in mare et in terra, di che forse li Fiorentini se ne gloriavano 1; della quale glorificazione facendosene beffe l’autore dice: Poi che tu se’ sì grande, tu Fiorenza, Che per mare, e per terra batti l’ali; come schernendo, dica: Poi che tu voli per mare e per terra, E per lo Inferno il tuo nome si spande; ecco la sentenzia vituperosa che manifesta l’ironia quasi dica: Tanto se’ grande, che non ti basta lo mare e la terra; ma ancora l’inferno è pieno di te. Tra li ladron; ora aggiugne la pruova di quel ch’à detto ora, la quale è vituperosa; e però si dimostra che più tosto dee piagnere e dolersi, che godere. Dice: Tra li ladroni: imperò che di sopra à trattato nella settima bolgia de’ furi e ladroni, nella quale à finto che trovò cinque 2 ladroni di Firenze; cioè messer Cianfa de’ Donati, Agnello de’ Brunelleschi, Buoso degli Abbati, Puccio Sciancato, e Francesco Cavalcanti; e però dice: trovai cinque cotali Tuoi cittadini; chenti sono nominati di sopra, onde mi vien vergogna; quasi dica: Io me ne vergogno, E tu; cioè Fiorenza, in grande onranza; cioè in grande onore et onoranza, non ne sali; cioè non ne sormonti e monti per questo; ma più tosto in vituperio quanto alla verità. Fatta questa esclamazione, aggiugne uno tristo annunzio, o vero profezia, narrandola sotto spezie di sogno, per ritrarre la sua città da’ vizi, predicendo che l’ira di Dio permetterà che sia punita, dicendo: Ma se presso al mattin del ver si sogna; questo dice, perchè comunemente si dice che i sogni fatti press’al mattino sono più veri che li altri; e perchè questo era suo parlare finge che li sia manifesto per modo di sogno, che forse elli congetturava per li segni ch’egli vedea, Tu; cioè Firenze, sentirai di qua da picciol tempo; cioè inanzi a picciol tempo; e però dimostra che tosto sarà, Di quel che Prato, non ch’altri, t’agogna; cioè di quel che Prato, che è uno castello presso a Firenze a X miglia, sotto la signoria de’ Fiorentini: agogna; s’intende qui minaccia: per ciò che il cane, quando è bene crucciato, abbaiando agogna; e piglia argomento delle cose minori, quasi dica: Se Prato, ch’è così piccolo per rispetto della tua grandezza, ti minaccia, che ti faranno l’altre grandi città che ti sono d’intorno? Quasi dica: Vie più di lui. E se già fosse, non saria per tempo; quasi dica: Se ora fosse, non sarebbe innanzi tempo, come dicesse: Tu l’ài già bene meritato: Così foss’ei,

  1. C. M. vanagloriavano;
  2. C. M. cinque cavalieri di Firenze;