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246 INFERNO. — Canto XII. Verso 103 a 114

lo vidi gente sotto iufinuo al ciglio;
     E il gran Centauro disse: Ei son tiranni,
     Che dier nel sangue e nell’aver di piglio. 105
Quivi si piangon li spietati danni:
     Quivi è Alessandro, e Dionisio fero.
     Che fe’ Cicilia aver dolorosi anni:
E quella fronte ch’ha il pel così nero
     E Azzolino; e quell’altro ch’è biondo 110
     E Guizzo da Esti, il qual per vero
Fu spento dal figliastro su nel mondo.1
     Allor mi volsi al Poeta, e quei disse:
     Questi ti sia or primo, ed io secondo.


  1. V. 112. Altri, ma pochi, han suo; malamente, perchè non fu di vero figliastro ma figlio e qui è detto figliastro per figura.




V. 103. Mostra come la giustizia di Dio punisce più e meno secondo l'offesa, come appar nel testo.1.

107. Quivi è Alessandro. Questo Alessandro fu un tiranno il quale vinse tutto il mondo, fe molte crudelitadi, com' è scritto nella sua vita; fra le quali n’è scritta una che sofferse a far morire di quelli di Jerusalem ad uno tratto LXXX milia uomini colle sue famiglie.

Ivi. Dionisio fero. Questo Dionisio fu signore dell’isola di Cicilia: fu molto crudele e fiero, e ragionasi che al suo tempo si portava per li latini barba, e costui tanto era fiero che non solo per ingiuria d’altri elli li facea disconciamente torre la barba, ma eziandio la sua elli si brustiava co’ carboni acccesi. Era questo Dionisio di tanto sospetto che sempre dubitava d’esser morto, e fra l’altre guardie ch’elli faceva, era che s’elli si giungeva a giacere con femina, e li segreti e palesi luoghi cercava temendo ch’elle non avesseno alcune arme o altro che li potesse offendere.

109. Fu messer Eccelino di Romano, lo qual fu signore di Verona, Vicenza, Padova e Trevigi, crudelissimo tiranno a’ suoi nemici; del quale si tratta più novelle, fra l’altre, l'una che 'l fe’ ardere a una ora XV milia uomini padovani. Era uomo di rustica persona, faccia orribile e pilosa.

111. Opizzo da Este. Questo casato fue gentiluomini da Esti, che sono del contado tra Padova e Ferrara: funne fatto uno di loro per la Chiesa Romana marchese della Marca d’Ancona, e stette nel ditto marchesatico a tempo. Questi seppe si menar le mani in acquistar moneta, che, quando tornò con aiutorio d’alcuni gentili da Ferrara, tolse la terra e ritennesi lo nome di marchese. Vide via di cacciar un Salinguerra di Ferrara che era grande e grentile uomo d’essa, e con l'aiutorio e trattato di Veneziani lo

  1. Le chiose a versi 100 e 103 sono del Ricc 1005.