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322 INFERNO. — Canto XVIII. Verso 115 a 132

E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco, 115
     Vidi un col capo sì di merda lordo,
     Che non parea s’era laico o cherco.
Quei mi sgridò: Perchè se’ tu sì ingordo
     Di riguardar più me, che gli altri brutti?
     Ed io a lui: Perchè, se ben ricordo, 120
Già t’ho veduto coi capelli asciutti,
     E sei Alessio Interminei da Lucca:
     Però t’adocchio più che gli altri tutti.
Ed egli allor, battendosi la zucca:
     Quaggiù m’hanno sommerso le lusinghe, 125
     Ond’io non ebbi mai la lingua stucca.
Appresso ciò lo Duca: Fa che pinghe.
     Mi disse, un poco il viso più avante.
     Sì che la faccia ben con gli occhi attinghe
Di quella sozza scapigliata fante, 130
     Che là si graffia con l’unghie merdose.
     Ed or s’accoscia, ed ora è in piede stante.




V. 115. Mentre ch’io. Qui fa menzione d’un cavalieri lucchese che ebbe nome messer Alessio de li Interminelli, lo qual meravigliosamente fu grande lusinghieri; e però che è viltade d’animo condiscendere a tanta cattiveria, sì ’l punisce in così fatto elettuario 1.

  1. (1) Dopo questo § i Cod. R. M. e la stampa Vind. e i Cod. della Laur., hanno questo tratto che dev’essere stato in margini al primitivo esemplare posto da un imbroglione che attribuì (e a rovescio) a Sansone quello che nell’Andria di Terenzio è di Trasone. »Di quella sozza. Questa fu Taide la qual fu amica di Sansone, e tosollo per essere in grazia a’ suoi nemici, perchè per li suoi nemici li fu insegnato cautamente perchè ’l detto Sansone perdesse la forza; or perchè venire in grazia d’altri in cosi fatto modo è cattivo e vile; però, come appar nel testo le remunera, e dice come parlò Taide a Sansone quando l’ebbe tosato, elli la chiamò ed ella rispose, e ad esso disse: Ho io grazie grandi appo te? Ed elli le rispose: Anzi meravigliose, quasi ad ire: meravigliosamente tu mi se’in grazia» Le chiose del Laur. XL, 7 si prendono esse pure Sansone e da questa gli fanno tagliare i capelli. L’Ottimo invece ha, e fors’era nel Lana, senza la mattia del primo copista e la cecità de’ successivi: »Qui l’autore in esemplo introduce una puttana, nome Tais, a dimostrare che in tutte le femmine di Gualdana cotale vizio abonda. Di costei dice il poeta Terenzio, nel libro dell’Andria che quando il drudo suo la domandò se elli avca grandi grazie appo lei ch’ella non stette contenta di dire sì; ma volendo bene lusingare disse: anzi meravigliose. Dove si dimostra che il lusinghiere sempre vuole passare li termini del vero per compiacere a colui, a cui parla; e di questo lusinghiere si è proprio assentare, cioè piagentare» — Trasone è nel Comm. attribuito a Jac Aligh.