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368 INFERNO. — Canto XXII. Verso 47 a 68

     Domandollo ond’ei fosse, e quei rispose:
     Io fui del regno di Navarra nato.
Mia madre a servo d’un signor mi pose,
     Che m’avea generato d’un Ribaldo150
     Distruggitor di sè e di sue cose.
Poi fui famiglia del buon re Tebaldo;2
     Quivi mi misi a far baratterìa,
     Di che io rendo ragione in questo caldo.
E Ciriatto, a cui di bocca uscìa 55
     D’ogni parte una sanna come a porco,
     Gli fe’ sentir come l’una sdrucìa.
Tra male gatte era venuto il sorco;
     Ma Barbariccia il chiuse con le braccia,
     E disse: State in là, mentr’io lo inforco. 60
E al Maestro mio volse la faccia:
     Dimanda, disse, ancor se più disii
     Saper da lui, prima ch’altri il disfaccia.
Lo Duca: Dunque or di’ degli altri rii:
     Conosci tu alcun che sia Latino 65
     Sotto la pece? E quegli: Io mi partii
Poco è da un, che fu di là vicino;
     Così foss’io ancor con lui coperto,


  1. V. 50. V. la Nota precedente del Commento.
  2. V 52. Witte stato molto tempo in Italia deve aver conosciuto che Famiglio è voce d’individuo, e Famiglia collettivo; ma chi può dir Famiglio anche dice Famiglia per dir della famiglia. V. questo senso nel Vocabolario edito dal Civelli 1864 coll’aggiunta d’un altro es. dell’Ambr. Furt. 1. 1. È tuttavia vero che Famiglio è anche in Cod. antichi quali BF, i parmig. I, 104., e 1060 ossia del 1375 il Ricc. 1028, il Cortoncse, il Filippino, e il Landiano, e in altri. Il parmigiano l8 reca famigliar che fors’era fimiglia, e fu corretto da poco istrutto copista. Io sto con quelli che hanno famiglia ai quali aggiungo il Cassinese, il Laur. XL, 7, e il suo Comm. e il Marciano IX e 128, se lascio intatto il laneo.




per sua madre a servire un signore, in lo quale officio elli seppe sì proficare ch’elli montò a essere famiglio del re di Navarra, il quale ebbe nome Tebaldo e fu virtuosissima persona e re da bene. E fu lo ditto Giampolo tanto in grazia del predetto re Tebaldo, ed ebbe tanto stato in sua corte, ch’elli avea possanza di dispensare de’ beneficii e grazie in molta quantitade, li quali barattando per pecunia, elli dispensava in modo illicito e inonesto; per li quali peccati cosi commessi elli era a tal pena. E però dice: di che io rendo ragione in questo caldo.

V. 55. Segue il poema: Ciriatto è nome di demonio.

57. Sdrucia, cioè schiantava, overo fendea.

58. Tre male gatte, cioè li demonii.

Ivi. Sorco, cioè lo predetto peccatore.