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370 INFERNO, — Canto XXII. Verso 82 a 97

Quel di Gallura, vasel d’ogni froda,
     Ch’ebbe i nimici di suo donno in mano ,
     E fe’ lor sì, che ciascun se ne loda,
Denar si tolse, e lasciolli di piano, 85
     Sì com’ei dice: e negli altri ofici anche
     Barattier fu non picciol, ma sovrano.
Usa con esso donno Michel Zanche
     Di Logodoro: ed a dir di Sardigna
     Le lingue lor non si sentono stanche. 90
O me! vedete l’altro che digrigna:
     l’direi anche; ma i’ temo ch’ello1
     Non s’apparecchi a grattarmi la tigna.
E il gran proposto, volto a Farfarello
     Che stralunava gli occhi per fedire, * 95
     Disse: Fatti in costà, malvagio uccello.
e voi volete vedere o udire,


  1. V. 92. Muto l'anco in anche e sto colla Vind e il Land, per evitare i tanti in un sol verso, al v. 95 per evitare gli r, accetto dal Cass. fedire.




Or seguitando alla novella di Frate Gomita, elli fu fattore del giudico di Gallura molto in grazia e con ampia giurisdizione nel suo giudicato. Avenne che in un tempo lo detto giudice mandò e prese ed ebbe in prigione suoi nemici. Questo suo fattore per moneta li lasciò, di ch’elli scamponno. Siche usava baratterìe in la corte del detto giudice, e però ne fa l’autore qui menzione.

V. 82. Donno, si è a dire Signore in lingua sarda ed eziandio di Cicilia.

88. Questo donno Michele Zanche, fu fattore della madre del re Enzo, figliuolo naturale dello imperadore Federigo secondo. E dopo la morte del detto re Enzo, don Michele tolse la ditta donna per moglie, la quale era donna del giudicato di Logodoro di Sardigna; e seppe fare avviluppamento per grande baratterìa. Ebbe dalla ditta donna una figliuola, la quale in processo di tempo elli die per mogliere a messer Branca d’Oria da Genova. E sicome apparirà nel penultimo capitolo di questa cantica, volendo lo detto messer Branca possedere la ricchezza del detto donno Michele, sì lo invitò un die a disinare, poi per frutte lo fece tagliare a pezzi. E soggiunse nel testo che delle dette baratterie dello detto Giampolo e del detto Michele non si stancavan li sardi di favellare.

94. Cioè lo decurio li fece stare a posa. E nota che l’autore volendo parlare più volte d’uno, non li dice quel nome l’una volta e l’altra per non cadere in fallacia migationis, e sicome è del predetto conducitore dei dieci demonii, che una fiata lo appella Barbariccia, l’altra fiata decurio, un altra il gran proposto.

97. Or qui poeticamente vuole mostrare l’autore che l’anime separate dal corpo si ritornonno in quello essere e stato di abito