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378 INFERNO. — Canto XXIII. Verso 26 a 42

     L’imagine di fuor tua noi trarrei
     Più tosto a me, che quella d’entro impetro.
Pur mi venìano i tuoi pensier tra i miei
    Con simile atto e con simile faccia,
    Sì che d’entrambi un sol consiglio fei. 30
S’egli è che sì la destra costa giaccia,
     Che noi possiam nell’altra bolgia scendere,
     Noi fuggirem l’immaginata caccia.
Già non compièa di tal consiglio rendere,1
     Ch’io gli vidi venir con l’ali tese, 35
     Non molto lungi, per volerne prendere.
Lo duca mio di subito mi prese.
     Come la madre ch’al romore è desta,
     E vede presso a sé le fiamme accese,
Che prende il figlio e fugge e non s’arresta, 40
     Avendo più di lui che di sé cura,
     Tanto che solo una camicia vesta:


  1. V. 34. Witte letto compie ne’ Codici accentò l’e, e compose errore ben grave facendo passato rimoto ciò che chiaramente è imperfetto. I quattro fiorentini scrisser compio e mutarono persona se intesero compivo; non può quella voce stare invece di compiva, come non può starvi compiè. Mazzini propose compiea
    fognando le vocali, e io l’accetto cosi come Foscolo accettolla molto logica e molto vera, e che s’accorca col senso e col Commento.




cioè s’io fossi uno specchio. Li specchi sono di vetro e dietro hanno piombo con una confezione che appicca l’uno all’altro, per lo qual corpo non diafano la spezia in visibile non trapassa oltre lo piombo, e rimane in quella superficie, sicome si prova in libro De speculis Euclidis, ed anco nella Prospettiva. Or dice elli: s’io fossi specchio io non avrei così la spezia di te, conm’io traggo la spezia del tuo pensiero, e dicoti che pur ora in simile traccia pensava; sichè del tuo pensiero e del mio io ho preso un consiglio, che noi tosto n’andaremo giuso per quella costa che ne fu detta da Malacoda, sichè usciremo della giurisdizione di questi nemici.

V. 34. Segue lo poema e dice che inanzi ch’elli li dicesse lo compimento delle parole del consiglio che elli avea preso, quelli demoni ne veniano dietro volando con l’ale tese per volerli prendere.

37. Dice che incontanente lo duca lo prese in braccio, tutto a simile atto che fa la madre lo figliuolo quand’ell’è di notte nel letto, e sentesi ardere la casa, che non attende a vestirsi nè ad altro fare, se non a scampare lo figliuolo. E preso lui in braccio si mise supino nella riva che andava nella settima bolgia, e cosi lusingandolo ne lo portava giuso su lo suo petto. E fa la comparazione a quel movimento che mai non fu acqua di molino si corrente, come appare nel testo. E soggiunge che appena furono giuso della riva, che quelli nemici furono suso la costa della predetta riva.