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INFERNO. — Canto XXIII. Verso 19 a 25 377

Già mi sentìa tutto arricciar li peli
     Della paura, e stava indietro intento, 20
     Quando io dissi: Maestro, se non celi
Te e me tostamente, io pavento1
     Di Malebranche: noi gli avem già dietro:
     Io gl’immagino sì, che già gli sento.
E quei: S’io fossi di piombato vetro,225


  1. V.22. Leggo col Vat. col Bart, col Land., coi BS, BC, BV, col Cassin. col R., e colla Vindelina.
  2. V. 25. Il Lana , il Cass il R. e la Vind. le Chiose anonime, il Land., BU, BV, BC, BS , il Laur. XL, 7, han piombato, e non impiombato siccome altri hanno compreso il commento del Laur. medesimo.




V. 7. Or dice elli che questi vocaboli mo e issa non si pareggiano così, perchè sono a dire tutti e dui una cosa, come questo esemplo è dritto esemplo della predetta istoria1.

10. Or dice l’autore come molte fiate aviene cbe pensando una cosa, l’animo discorrendo nel pensieri, vede un’altra cosa, così pensando a quella battaglia e come erano caduti nella pegola, pensò: se per questa ira elli ci venissero drieto per farci danno, a che saremo noi? quasi a dire: elli n’arebbeno ragione, che a nostre cagioni ell’è stato, e assai lo dovrebbe noiare e sapere rio: se l’ira sua col suo mal volere s’aggueffasse, cioè s’aggiungesse, ci verrìano drieto così arrabbiati, come fa lo levriere a quella lievra, che cacciando elli prende. Ed imaginavasi tal seguito, che tutti li peli se li aricciavauo come aviene a quelli ch’hanno paura. Circa lo quale aricciamento è da sapere che, sicome dice lo Filosofo nel terzo della Rettorica, la natura intrinseca supple, cioè compie lo defetto alle parti estrinseche, quando ha bisogno, e così e converso: sì come quando alcuno ha difetto di che li caggia vergogna, in contanenti li spiriti intrinseci vegnono in la superfizie della persona, e diviene l’uomo rosso, e quando alcuno ha paura, tutti li spiriti corrono al cuore e per consequens lasciano le parti esteriori sole, di che lo uomo diventa smorto: e per consequens li pori della carne tutti s’astringono, e così li peli che sono in essi si drizzano tutti: sichè la paura fa drizzare li peli della carne e arricciarli.

21. Segue lo poema e dice come disse al maestro e palesolli il suo pensiero soggiungendo: se non celi, cioè scampi te e me, noi siamo a rischio.

24 Scrive Avicena che: imagnatio recte casus facit casum; sichè per convenienzia che fae l’anima col corpo, quando l’anima imagina fissa e drittamente una cosa, di che sia in lo corpo suo principio, elli aviene lo caso cioè l’effetto di tale imaginazione; e però dice: io l’imagino, cioè ch’io li sento già.

25. Or risponde Virgilio e dice: s’io fossi di piombato vetro,

  1. Qui segue: «mo è vocabolo romagnolo ed è a dire moe; issa è vocabolo lombardo e similmente è a dire moe» . Parmi glossema.