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394 INFERNO. — Canto XXIV. Verso 38 a 52

Del bassissimo pozzo tutta pende,
     Lo sito di ciascuna valle pòrta,
Che l’una costa surge e l’altra scende: 40
     Noi pur venimmo alfine in su la punta
     Onde l’ultima pietra si scoscende.
La lena m’era del polmon sì munta
     Quando fui su, ch’io non potea più oltre.
     Anzi mi assisi nella prima giunta. 45
Ornai convien che tu così ti spoltre.1
     Disse il Maestro: che, seggendo in piuma,
     In fama non si vien , nè sotto coltre;
Sanza la qual chi sua vita consuma,
     Cotal vestigio in terra di sè lascia, 50
Qual fumo in aere od in acqua la schiuma:
E però leva su, vinci l’ambascia


  1. V. 46 e seg. Un brano di pergamena del Comune di Pistoia che par servisse di coperte a un libro di imbreviature del 1335 a Ser Ugolino Landi Cancelliere del Comune istesso, e che fu esposto alla mostra de’ Codici alla Festa del Centenario ha — Ornai cosi convien,Cotal vestigia,Con fummo.




V. 38. Pozzo, cioè le circostanze del centro.

39. Quasi a dire che quello è lo più basso luogo del mondo.

43. Qui poetando mostra che fra le interiori del corpo umano, quello che più riceve per fatica varietate è lo polmone; e questo adiviene che, sicome scrive Avicena nella sua Notomìa, lo polmone ventila sempre lo cuore per tenerlo fresco. Or s’ello ventila continuo per movimento conviene essere di nervi, li quali per molta fatica ricevono alterazione, e se continuo il polmone non orecchia il cuore che festini over tardi più, adesso riceve varietà e ansia lo uomo; e per consequens la fatica tiene l’uomo amazzato e vinto.

46. Qui parla Virgilio una utile moralità dicendo a Dante che a trattare della presente materia vuole l’uomo spoltrarsi, quasi escire di polledro, che per allegoria ha significato l’appetito puerile. E soggiunge come sollecitudine fa l’uomo essere in perfetta cognizione, e non pure a seguire di appetiti corporei, che sedendo in piuma, cioè non studiando in scienzia e stare pure al letto e sotto la coltra, non si può venire nè in bontà nè in scienzia1. 49. Cioè colui che è senza fama, la quale dependa da scienzia, sta nel mondo e muore: elli è cotal memoria di lui e fassi tanto di lui conto, ne è nomato come del fumo che ascende nell’aire, che quando è asceso il vento lo porta via e come della schiuma nell’aequa, la qual si disfa come l’acqua cha rimane cheta.

52. Qui è l’autore confortato da Virgilio, come appar nel testo.

Ivi. Ambascia, cioè stanchezza.

  1. Qui abbiamo corretto col R. perchè la Vind. e il Cod. L.aur. XC, 115, forse non bene hanno, se hanno non si può venire in sapere nè in scienzia.