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INFERNO. — Canto XXIV. Verso 53 a 73 395

     Con l’animo che vince ogni battaglia,
     Se col suo grave corpo non s’accascia.
Più lunga scala convien che si saglia: 55
     Non basta da costoro esser partito;
     Se tu m’intendi, or fa sì che ti vaglia.
Levami allor, mostrandomi fornito
     Meglio di lena ch’i’ non mi sentìa:
     E dissi: Va, ch’io son forte ed ardito. 60
Su per lo scoglio prendemmo la via,
     Ch’era ronchioso, stretto e malagevole,
     Ed erto più assai che quel di pria.
Parlando andava per non parer fievole,
     Onde una voce uscio dall’altro fosso, 65
     A parole formar discovenevole.
Non so che disse, ancor che sovra il dosso
     Fossi dell’arco già che varca quivi;
     Ma chi parlava ad ira parca mosso.
Io era volto in giù; ma gli occhi vivi 70
     Non potean ire al fondo per l’oscuro:
     Perch’io: Maestro, fa che tu arrivi
Dall’altro cinghio, e dismontiam lo muro;




V. 53. Qui è da notare che ogni cosa è sottoposta all’anima dello uomo quand’elli tiene ordinata norma, e non solo li terreni corpi ma eziandìo li celesti, sicome dice Tolomeo nel Centiloquio: anima sapienti dominabitur astris. E quando ella tiene inordinata norma non signoreggia nulla, anzi è ella signoreggiata. E però in condizional modo l’autore parla, e dice: se l’uomo non si accascia, cioè non si mischia colla gravezza del corpo, ello vince ogni battaglia, quasi a dire: elli sovrasta a ogni passione.

55. Cioè lo viaggio del monte dove intorno elli pone lo purgatorio, come nella seconda parte cioè inanzi, di questa Comedia elli dichiara.

56. Cioè che non sarebbe perfezione di scienzia pur a considerare le parti sottoposte a vizii, ma conviensi eziandio sapere delle sottoposte alle vertudi, sicome lo Filosofo dice in libro Posteriorum: Contrariorum eadem est scientia.

58. Segue lo poema che appare, e soggiunge della arduità del cammino.

62. Ronchioso, cioè noderoso.

64. Segue lo poema toccando per udita alcuna passione de’ peccatori di quella bolgia, quando dice: ad ira parea mosso.

72. Or qui insegna una moralità bella, che a giusta domanda non si dee seguir pur giusta risposta, ma giusto fatto, ed è ancora più virtuosa e più d’agradire quando è fatta senza risposta; e però dice: con l’opera toccndo.