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Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/442

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438 INFERNO. — Canto XXVII. Verso 123 a 136


     Tu non pensavi ch’io loico fossi!
A Minos mi portò: e quegli attorse
     Otto volte la coda al dosso duro, 125
     E, poichè per gran rabbia la si morse,
Disse: Questi è de’ rei del fuoco furo:
     Perch’io là dove vedi son perduto,
     E sì vestito andando mi rancuro.
Quand’egli ebbe il suo dir così compiuto, 130
     La fiamma dolorando si partìo,
     Torcendo e dibattendo il corno aguto.
Noi passammo oltre, ed io e il Duca mio,
     Su per lo scoglio infino in su l’altr’arco
     Che cuopre il fosso, in che si paga il fio 135
A quei che scommettendo acquistan carco.




V. 130. Quand’egli. Chiaro appare nel testo; e come sovravenneno alla nona bolgia, dove sono quelli che commetteno male tra le persone.

E qui si compie la sentenzia del presente capitolo.



Nota. L’Ottimo prende a questo Comento pel presente canto le brevi chiose ai versi 43e 67, poi la, mezzana al verso 108, e finalmente la lunga la quale spiega il verso 108. Vero è che a questo notevole tratto trasmutò qualche linea in fine, ma in somma diè il laneo come in tanti altri luoghi, prima monco a suo cervello, poi così rappezzato.