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INFERNO. — Canto XXIX. Verso 47 a 60 457

     Di Valdichiana tra il luglio e il settembre,
     E di Maremma e di Sardigua i mali
Fossero in una fossa tutti insembre;
     Tal era quivi, e tal puzzo n’usciva, 50
     Qual suole uscir dalle marcite membre.
Noi discendemmo in su l’ultima riva
     Del lungo scoglio, pur da man sinistra,
     Ed allor fu la mia vista più viva
Giù ver lo fondo, là ove la ministra1 55
     Dell’alto Sire, infallibil giustizia,
     Punisce il falsator che qui registra.
Non credo che a veder maggior tristizia
     Fosse in Egina il popol tutto infermo.
     Quando fu l’aer sì pien di malizia,

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  1. V. 55. Della mia scelta aggiungo alle altre autorità BS, BP, BV, BU, e il cortonese.




settembre e luglio, dalli spedali di Valdichiana1, insieme con quello che escie di state della Maremma, ch’hàe in quella stagione pessimo e putrido aire, e simile di Sardigna, fusseno in una fossa, e agiunto a questi, quel fetore che viene di corpi morti sarebbe simile a quello.

V. 52. Segue il poema, e nota che per tutto lo inferno ogni sua discesa è stata a man sinistra, quasi a dire che quelli luoghi sono disposti ad avere locali viziosi; e perchè ìl vizio è sinistra azione dell’uomo, e conducelo non in dritto e perfetto fine, si conviene chi cerca quelli, andare a man sinistra.

55. Intende elli la giustizia, la quale è dritta e infallibile.

57. Qui tocca la condizione delli abitanti di quel luogo.

58. Non credo, qui recita per comparazione d’infirmitadi una favola poetica, la quale brevemente si conta in questo modo.

Fu una città in Grecia, la quale era nomata Egina, ed era re di quella Eaco padre di Pellèo. Avenne che nella detta città crescèo una molto bella donzella, della quale innamorò Juppiter, e finalmente giacque con essa. A Junone andò la novella; molto li dispiacque e mandò su per la detta città tanta pestilenzia e corruzione d’aire, che brevemente vecchi e giovani, maschi e femine, animali grossi e minuti infino a’ vermicelli, tutti s’ammalonno, e di putride infirmitadi morirono; salvo che quando Junone fece lo detto processo ne assolvè Eaco e Talamone suo figliuolo. Veggendo lo detto re essere così malmenati li suoi cittadini, molto stette stupefatto e tristo; e andando elli uno die fuori della cittade, vide un arbore pienissimo di formiche, augurossi: or piacesse a Dio che

  1. Qui è interpolamento spropositato di topografia, « cioè del luogo d’Altopascio, il quale luogo è tra Firenze, Lucca e Pistoia, ed è appellala quella contrada Valdichiana». E di questa fatta non son rari sbagli.