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498 INFERNO. — Canto XXXIII.Verso 15 a 18

     Or ti dirò perch’i son tal vicino. 15
Che per l’effetto de’ suo’ ma’ pensieri,
     Fidandomi di lui, io fossi preso
     E poscia morto, dir non è mestieri,




V. 4. Ell’è da sapere che a Pisa è un parentado di Conti, li quali hanno nome li conti della Gherardesca, e sono antichi nobili di quella terra, e poi che fu parte guelfa, hanno voluto essere con essa. Ed è da sapere che Pisa ha mutato più volte stato e signoria, quando in popolo, quando in grandi, e quando in alcuni conti.

Avenne in una stagione che, essendo li detti conti Gherardeschi quasi signori di Pisa con alcuni altri gentili uomini pisani, ed essendo comunemente quasi tutta Toscana a parte guelfa, li detti conti rendenno, overo dienno, ai lucchesi sue castella1; per la qual cosa li lucchesi e il suo auditorio da parte guelfa volendo tutta Toscana signoreggiare affrontarono li fiorentini in campo a Monte Aperti2 nel contado di Siena, e li furo sì malmenati, che ancora se ne conta novelle, tra per tradimenti e menata di mani. Sapiendo lo comune di Pisa tal mossa dei ditti conti essere, feceno prendere quelli che si trovonno, de’ quali fa l’autore menzione d’uno conte Ugolino e di quattro suoi figliuoli, e nipote, li quali funno messi in una torre, la quale era appellata la Torre della muda, e tenneli più che dando ad essi cibo a giornata. Avenne che per consiglio dell’arcivescovo Ruggieri delli Ubaldini, che in quel tempo era arcivescovo di Pisa, e altri gentili uomini, fu loro vietata la vivanda si che morirono. Vero è che erano di tanta amistà nella terra, che, se palese fosse stato saputo dov’elli erano e in che stato, sarebbono stati soccorsi e aitati, e però lo ditto arcivescovo cautamente colli altri convenne fare tal presa e incarcerazione. Si che, come appare nel testo, lo conte predetto rodea la testa dello arcivescovo in vendetta sì del tradimento, come della offesa della sua prigione.

7. Quasi a dire: la mia pregione fu si segreta che la volontade che si sappia mi muove, con tutto che mi sia pena a ragionarlo, acciò che infamia cresca all’arcivescovo Ruggieri il quale io rodo.

10. Quasi a dire: tu sei fiorentino, e perciò tel dirò, imperquello che ne sarà memoria.

13. Qui recita la novella nomando sè e ’l suo nemico. 15. Quasi a dire: per la sua colpa averso me commessa ch’io mi fidava in lui, ed ello consigliò mia pregione, e mia morte.

  1. Il Cod. Laur. XC, 121, ha — »rendenno overo dienno a li fiorentini lo suo aiutorio; vogliendo li detti fiorentini signoreggiare tutt Toscana, furono a campo a Monte Aperti, noi contado di Siena, li ditti fiorentini con lo ditto auditorio di Pisa, con sanesi, con parte ghibellina, furono sconfitti li fiorentini con li ditti pisani e molto malmenadi. Or sapendo li pisani etc.
  2. Cosi la Vind e il M. e il R. invece di Montopoli cui il giudice di Gallura cognato del conte Ugolino co’fiorentini e lucchesi venne ad assediare. Trovar gli stessi errori in più Codici è avelli tutti provenuti da copia prima.