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Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/505

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INFERNO. — Canto XXXIII. Verso G2 a 7.j 501

     Se tu mangi di noi: tu ne vestisti
     Queste misere carni, e tu le spoglia.
Quetàmi allor per non farli più tristi:
     Quel dì e l’altro stemmo tutti muti: 05
     Ahi dura terra, perchè non t’apristi?
Posciachè fummo al quarto dì venuti,
     Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi,
     Dicendo: Padre mio, che non m’aiuti?
Quivi morì: e come tu mi vedi, 70
     Vid’io cascar li tre ad uno ad uno
     Tra il quinto dì e il sesto: ond’io mi diedi
Già cieco a brancolar sovra ciascuno,
     E due dì li chiamai poi che fur morti:
    Poscia, più che il dolor, potè il digiuno. 75



V. 74. Due d’i la Vindolina il Ilice, ianeo, sii altri Rice , i sei bolognesi, i Ire paimigiani, il Laur. XL, 7, l’ambrosiano 198 famoso i Pucciani, Fiullani, l’alavio, Poggiali, Aniinori, Landino e Vullulullo, e con essi il Wide. V. 66. Esclama contra la terra, come puote sofFerirc tanto oltraggio ad irmocenti, ch’erano li figliuoli (1). . Poscia più, qui mostra che poscia che furono morti , il digiuno vinse il dolore. (1) Qui il Cod. Magliabeccbiano finisce la tragedia e continua poi colla chiosa Ahi Pisa. La Yind., il Ui-liagno, il Hiccard. i solili Laur., e qualche allri hanno : » — G8. I-u uno dei llgliuoli in sua compagnia. — 6’J. Nola qui compassionevilc Il Iraltalo, e nioJo di suadere e aiingare e muovere lo popolo a considerare veti» della. — 75. Qui mostra che poscia che furono morti il digiuno vinse il dolore, u ch’elli mangiò d’alcuni di quelli. Inllne moiì pure di fame perchè non durò Il che non putrefacessero le loro carni. — 7G. Mostra come tornò al pristino allo • faciendo sua vendetta ". Il Cod. marciano IX, 51 dell’appendice al Catalogo de’ mss. è copia fedele di lutto ciò salvo che ha magnò veneto in vece di manijiò ; e così ha la traduzione Ialina del mss. Canonici d’Oxford 4i’J precisamente. Questo mangiamento è negl’impossibili fisicamente dopo lauto digiuno e liferiscomi ai medici non senza richiamai’ qui dell’antichissimo Ambrosiano 198 la chiosa: >■ qui fecit eum vivere plus quam non debueril quia homo sine cibo polest vivere iiij diebus ad plus «. Rammento che molti aimi sono usci un libretlino che diceva che quando furono estratti dalla muda i cadaveri alcuni furono trovali oflesi ; ma lo scrillore non pensò che allri animali avevano potuto colà offendere le giovani carni. 11 Landiano limproveiò al Nidobeato quella spiegazione come o/)so«rt, ma la colpa non era del Novarese se la troviamo in Codici antichi multi. Piuttosto è da indagale se la scrivesse il Lana, e se quindi ciò clie in varii codici si trova sia messa da altri per glossemi, e subito interpolala nel testo ed eziandìo tradotta da altrui e intromessa alle traduzioni del Bernardi, e del Rosciale. Primamente fu da tre secoli avvertilo che gl’interpolamenti al Lana fuiono fatti in antichissimo e lui vivente ; poi, abbiamo codici antichi i quali mancano, come il Magliabeccbiano, di quel tratto. Il Laur. X.WI. Sin. i2 ha per maggiore estensione solo questo: » Et » tanden dicilur quod ipsi quatuor filli mortui fuerunt , et qui recte assimilaV banl ipsi patri , et subicit quod postea fammes vicit dolorem suum ci morii luus est. Ahi pis?a, ce. i> Il Codice Grunipllo scoso corto da originario antico e