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502 INFERNO. — Canto XXXIII. Verso 76 a 82

<poem>Quand’ebbe detto ciò, con gli occhi torti

    Riprese il teschio misero co’denti,
    Che furo all’osso, come d’un can, forti.

Ahi Pisa , vituperio delle genti

    Del bel paese là, dove il sì suona; 80
    Poi che i vicini a te punir son lenti,

Muovasi la Capraia e la Gorgona,



V. 79. Ahi Pisa. Poiché 1’ autore ne’ suoi versi ha recitata la novella del conte Ug-olino , esclama contra Pisa , come cliiaro appare nel testo. . Queste sono due isolette poco fuori dell’estuario (1) di Pisa, le quali imag-ina 1’ autore ch’elle dovrebbeno venire nelle foci, dove quello fiume che è appellato Arno mette in mare, e li far chiusa, acciò che l’acqua crescesse tanto che tutti i Pisani s’annegasseno, dachè li vicini non li puniscono dei peccati, in per quello che fenclla patria del Posciale : » Cecus proplcr faincm supei vixi onines mcos de quailo » die in qiiintum scmper ciindo circuiii amplexando et osculando unuiiKHH’MKHU’ » eoruin amore carilatis quani habebani ad eos et iliis duoi)US diehus siiiiiliter die » quinta et sesta il^ain vocando eos nominalim et eoruin moileni coniplorando e quo « vilani suani linierunt et tandem meus jejunus slomacus moum dolorem incffaliileni » occupavil »; e nuli’ altro, si che dunque viene a dire che mori. INè altrimeiUi si esprimono le note del D, So’J dell’Ambrosiana: » Positus fuit in illa lurri de qua liic fil mentio in te.xlu ubi post quinque dies fame est mortuus »; dov’è da notare il minor tempo duralo del supplizio coni’ è in altri codici di Dante al v. 7’2 ira ’l quarto di e ’l quinto, anziché tra ’l quinto dì e H sesto. Un altro Cod. delia Marciana, che è il LVl del Catalogo Zanetti, e che ha le chiose lance nuli’ altro che questo reca: " Tra ’l quinto di signate pone questi termini ne’ quali dà ad » intendere che non sano al ])iù potè vivere senza mangiare VI die. Ai pi^sa, ec. » e qui ringrazio il eh. Bibliotecario Valenlinelli degli estratti favoritimi con amorosa cortesìa. Benvenuto da Imola non credette all’impossibile nò pur esso per ciò che Sdisse : » Fames prostravi! eum quem tantus dolor non poterai vincere et inter• ficere » e cosi il Cod. BV più antico di lui : » fames potuit scilicet , quia proli stravil me >■. Ma quello che illumina questa tenebrìa parn)i sia il seguente jiasso che 1’ illustre sig. Coxe bibliotecario della Bodleiana d’Oxford con nuova e sollecita grazia ini sprdisce estratto, a mia petizione, del Laneo che fu del Canonici ed ora è nel Catalogo Mortara segnalo dal n. Klfl. » Poscia più. che il dolor― Quivi » si hanno doi intellecti : prima alcuni intendono que voglia dire che videlicel il 1) dolor di i figliuoli morti per fame davanti li occhi suoi non potesse farlo morire » ma il digiuno e la fame il fece morire onde più puote il digiuno que il dolor. » Alcuni altri intendono qne voglia dir que videlicet lui havesse grandissimo dolore » de la morte di figliuoli ma il digiuno e la fame lo costrinse a mangiare di «ì» glìuolì proprii que in tal modo più puote il digiuno che il dolore ». Chi raccoglieva le chiose e conosceva i Codici primitivi e sani, e i guasti, volle portar ni suo le due opinioni ; e quindi volendoci noi riduire a ciò che dalle traduzioni più vecchie, del hosciate sopralulto che è primiera, si cavra, e che consona coi vuoti del Magliabecchiano e degli altri antichi, non possiamo tenere di fermo che in origine altro si avesse dal Lana che quello che io reco. La chiosa poi al v. 61’ è chiarissimamente una nota maiginale. (t) Cosi ha la Vindelina; il Ricci istuario; il Di-Bagno : (/eZ/a sc/jamt. Ciò mostra che anche in antico tale, come una volta pensai, starla o scharìa valesse. L’Otr limo le fa montagne non isole ; e montagne sono, ma sorgenti al mare. ^

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