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510 INFERNO. —Canto XXXIV. Verso 16 a 35

Quando noi fummo fatti tanto avante,
     Ch’al mio Maestro piacque di mostrarmi
     La creatura ch’ebbe il bel sembiante,
Dinanzi mi si tolse, e fe’ restarmi.
     Ecco Dite, dicendo, ed ecco il loco, 20
     Ove convien che di fortezza t’armi.
Com’io divenni allor gelato e fioco,
     Nol dimandar, Lettor, ch’io non lo scrivo,
     Però ch’ogni parlar sarebbe poco.
Io non morii, e non rimasi vivo: 25
     Pensa oramai per te, s’hai fior d’ingegno,
     Qual io divenni, d’uno e d’altro privo.
Lo imperador del doloroso regno
     Da mezzo il petto uscìa fuor della ghiaccia;
     E più con un gigante io mi convegno, 30
Che i giganti non fan con le sua braccia:
     Vedi oggimai quaut’esser dee quel tutto
     Ch’a così fatta parte si confaccia.1
S’ei fu sì bel com’egli è ora brutto,
     E contra il suo Fattore alzò le ciglia,

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  1. V. 33. Wille: a così fatte parti. Ma qui non è che una! Da mezzo il petto ecc. Non ho poi capito la sua ragione per quella scelta. Vengon meco, tra i nuovi veduti, il Vat. il Gact. BS. BP. BU. BF. e l’Ambrosiano 108.




V. 16. Cioè che fino ad ora il poeta andava dinanzi, quando funno presso Lucifero elli si levò dinanzi perchè Dante lo vedesse confortandolo ch’elli s’armasse di sicurtà, sì per la diversa e paurosa imagine, e sì che per adosso lui li convenìa passare lo centro del mondo.

18. Cioè che fu creato la più bella forma e figura di tutte le altre creature del mondo, per lo peccato era così fatto come elli qui sotto lo descrive.

22. Segue il poema mostrando ch’ebbe grande paura per quella veduta, la quale per opposito sì come a vedere Dio è Paradiso, così a vedere quello è inferno.

27. Cioè di possanza d’animo e di possanza di corpo.

28. Dice ch’elli uscìa fuori della ghiaccia da mezzo 'l petto in suso; ed a volere mostrare sua grandezza dice ch’elli si conviene, facendo comparazione, più con due giganti, che li giganti non si convegnono a comparazione di grandezza colle braccia di Lucifero.

32. Cioè che per la parte si può imaginare lo tutto.

34. Quasi a dire: la sua deformità e turpitudine mostra bene che ogni male dee procedere da esso, considerando la superbia, in la quale elli s’inviluppò contra lo suo creatore, il quale l'avea creato in tanta bellezza, quanto e contraria la sua sozzezza.