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canto xxxii. | 385 |
che la patria, nell’Antenóra; poi que’che i benefattori o gli ospiti, nella Tolomea; poi nella Giudecca quelli che Cristo, o Cesare, imagine, secondo Dante, dell'imperio del Cielo1 nella giustizia di Dante è meno colpa tradire I congiunti che la patria, per quel ch’e’ne dice altrove2: che il vincolo sociale aggiunto a quel di natura, è più sacro in quanto che se ne crea la fede speciale, per libera elezione degli uomini. E però egli è ancor più misfatto tradire i benefattori, perché questo é vincolo ancora più libero, e di più intima società.
In Virgilio altresì è l’imagine de’laghi infernali3, e degli stagni di Cocito e di Stige che con nove giri lega e restringe la gente perduta4; se non che Dante fa lo stagno agghiacciato per denotare la fredda anima de’traditori. E lago sovente nella Bibbia è detto l’abisso; I Salmi: Collocavit me in obscuris sicut mortuos saeculi.... similis ero descendentibus in locum5. Ezechiele : Terram ultimam, cum his qui descendunt in lacum6. Proverbii; Deglutiamus eum sicut infernus vivenlem, et integrum, quasi discendentem in lacum7. Isaia: Ad infernum detraheris in profundum luci: qui te viderint ad te inclinabuntur8. Geremia: Sicut frigidam fecit cisterna aquam suam, sic frigidam fecit malitiam suam9. In quest'ultimo abbiamo l'imagine e della cisterna e del freddo: e il batter de’denti pel freddo, e le lagrime congelate rammentano fletus et stridor dentium10. Gl'interpreti all'Inferno applicano quel di Giobbe: Ad nimium calorem transeat ab aquis nivium11. E la Somma: I dannati passeranno da veementissimo calore a veementissimo freddo12. E, citale le parole d’un Padre : Nell’ultima purgazione del mondo si farà separazione degli elementi; che quant'è puro e nobile rimanga di sopra a gloria de’beati, quant’è ignobile e feccioso gettisi in inferno a punire i dannati; soggiunge: A ciocché, siccome ogni creatura sarà a’beati, materia di gaudio, cosi a’dannati da tutte le creature s’accresca tormento secondo quel della Sapienza: CONTRO GL'INSENSATI COMBATTERA' L'UNIVERSO. Anche Virgilio ha nel suo Inferno: Hic quibus invisi fratres13, e quelli che nec veriti dominorum fallere dextras14. Ed è forse amara ironia nel lamento del dannato che dice a Dante: non pestare coi piedi le teste de’fratei miseri lassi. I due fratelli nemici hanno il pelo del capo insieme misto. A due che s'odiano, la prossimità è orribile pena: pena orribile stare affrontati il traditore al tradito. Erano tanto accosti labbro a labbro, che la lagrima caduta tra mezzo gli inviscò e inchiodò insieme. Questo é più che il virgiliano: Stiriaque impexis induruit horrida barbis15. La seconda schiera dei traditori ha nome da Antenore. Del tradimento d'Antenore parlano Livio, e Ditti e Darete. Le parole ambigue di Virgilio: Antenor... mediis elapsus Achivis16, avranno dato al
- ↑ Par., VI: Poi, presso al tempo che tulio ’l ciel volle Ridur lo mondo, a suo modo, sereno, Cesare, per voler di Roma il tolle (il segno dell’Aquila).
- ↑ Inf., XI.
- ↑ Æn., VI.
- ↑ Georg. IV.
- ↑ Psal., CXLII, 3, 7; XXVII, 1; LXXXV, 1, 5; Davide, nota Pietro, fu traditore d’Uria Psal, XXlX, 4: Eduxisti ab inferno animam meam: salvasti me a descendentibus in lacum.
- ↑ XXXII, 18.
- ↑ Prov., I, 12.
- ↑ XIV, 15.
- ↑ VI. 7.
- ↑ Matth., XIII, 50.
- ↑ Job, XXIV, 19.
- ↑ Suppl., 97.
- ↑ Æn., VI.
- ↑ Ivi.
- ↑ Georg., III.
- ↑ Æn., L.