Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/536

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400 INPERNO vuol trarsi poesìa, allora più che mai apparisco come il dolor morale debba sopranuolare in certo modo al corporeo, sì per la natura spiri- tuale della parola e dell'arie, si perchè coleslo dolor morale, essendo la parie più intima e la men nota, più merita die il poeta la faccia sog- getto all'altrui e alla sua meditazione e pietà. IS'on deve l'artista ri- cercare il nuovo perché nuovo, o il singolare perché singolare ; ma le co>'e singolari e le nuove contemperare alle già note e comuni por forma che quelle dal componimento suo acquistino universale evidenza, queste appariscano anch'esse con un non so che di nuovo e di singo- lare. Il non voler dire cosa che non abbia aria di originale, fa dar nello strano; e il nulla dire che non sia noto giù, fornisce non inse- gnamento ma noia. Nel fatto di Ugolino la parte più rilevante in sé stessa, quella che moralmente e civilmente più premeva al Poeta, non era già descrivere uno o più uomini che basiscono di fame , ma un superbo e traditore della sua patria che in pena dell'orgoglio e del misfatto è tradito, e muore morte lunghissima non tanto in sé quanto nella fame de' suoi cari innocenti. Il dolore corporeo de'qunli, egli non poteva sentire in sé stesso se non colla fantasia e con l'amore e con la meditazione assidua del presente spettacolo fìeriss mo; ond ' è che il dolore corpo'-eo stesso a lui si converte in dolore dell'anima, e così si fa più crudo e più ppnetrante. E questo dolore con la sua mag- gior forza doveva quasi solTocare l'altro nel corpo del padre, sì che, sentendo la fame dei figliuoli e la rabbia e il rimorso di quella pena e delle colpe die la provocarono, egli veniva a sentire meno la lame sua propria; come chi trafitto da grave ferita, quantunque digiuno da assai tempo, sentirebbe, più eh' altro, la trafittura e ì suoi spasimi. Così richiede la verità e della natura e dell'arte. E che Dante così la intendesse , lo dimostra il verso ultimo che dice Ugolino. Apparisce da quello come il dolore non cospirasse già col digiuno per accelerare la morte, ma combattesse contr'esso per prolungare la vita, che é pena tanto più orribile, quanto, più che il vuoto degli organi digestivi, è «annosa l'angoscia che fa agonizzare i pensieri. Onde, solo dopo co- tesla lunga battaglia delle due forze dissolventi, quella che in sul pri- mo era minore, da ultimo vince; così come all'agitarsi dell'uomo con- vulso del briaco succedono la prostrazione estrema e il morboso te- largo. Se, per contrario, al dolore più estrinseco si desse vittoria, l'al- tero patrizio e il padie cederebbero il luogo al carceralo volgare, a un affamato qualunque si sia ; il quale, non sentendo in quelle ore tremende quasi altro che la brama del cibo negato, non muoverebbe a pietà di sé, come un animale bruto che così patisse, ma solo a ri- brezzo ; non ecciterebbe neanco contro il perfido nemico quell'abomi- nazione ch'egli inieiide principalmente eccitare, dacché cotesto nemico non altro avrebbe con la sua crudeltà fatto, che dare molestia a un corpo vile privato di moral senlimento; non sarebbe l'anima di lui tanto intimamt^nte rea dell'avere intimamente tormentata un'altr'anima. Fate meno sensibile a questi dolori intimi un condannato, e il vo- stro canto verrà a partecipare di quella stupidità. Sarà, al più, tutto feroce, ma senza quel misto di sdegno e di compassione che qui é la belle/za sovrana. Descrivela i dolori [)iù estrinseci ; e avrete un arti- colo di giornale di medicina, un'anatomia messa in versi, senza i com- pensi e i vantaggi che ha in silTatti lavori la scienza. Ma l'arie non anatomizza, non distilla a goccia a goccia, non dico il veleno, ma neanco l'essenza odorosa ; la potenza dell'arte è nel raccogliere in unità gli sparsi elementi delle cose, rendere spirituale qup| eh' é più mate- riale nel mondo di fuori, nonché negare allo spirito (|uel!a parte ch'egli ha veramente nelle angoscie e nelle delizie della vita. Così la inten- devano i flreci l'arie; cosi tutti i grandi di tutti i i«fmi>?. Il r>lg'arf?