Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/108

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C A N T O     IV.

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1Intra du’ cibi distanti, e moventi1
     D’ un modo, prima si morria di fame,
     Che libero om l’ un si recasse ai denti.
4Sì si starebbe uno agno intra du’ brame2
     Di fieri lupi, equalmente temendo:
     Sì si starebbe un cane intra du’ dame.
7Per che s’ io mi tacea, me non riprendo,
     Da li miei dubbi equalmente sospinto,3
     Poich’ era necessario, nè commendo.
10Io mi taceva e ’l mio disir dipinto4
     M’ era nel viso, e ’l dimandar con ello
     Più chiaro assai, che nel parlar distinto.5
13Fesi Beatrice, qual fe Daniello,
     Nabuccodonosor levando d’ ira,
     Che l’ avea fatto iniustamente fello;
16E disse: Io veggo ben come ti tira
     Uno e altro disio, sì che tua cura
     Sè stessa lega sì, che fuor non spira.

  1. v. 1. C. A. duo cibi
  2. v. 4. C. A. due
  3. v. 8. C. A. Dalli miei dubbi d’ un modo sospinto,
  4. v. 10. C. A. tacea; ma il mio
  5. v. 12. C. A. Più caldo assai che per