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[v. 109-117] | c o m m e n t o | 295 |
sono stati nel mondo, et ora meglio lo vedono, e discernesi ’ l bene; cioè e discretamente si vede e cognosce lo bene, a che intende la virtù informativa di questi cieli secondo la Providenzia Divina, Per che al modo di su; cioè che al modo del bene supremo, che è Iddio, quel dì già torna; cioè lo bene di sotto che produceno li cieli, e lo bene tutto della natura naturata: imperò che ogni bene, che è nella natura naturata, torna al modo et a la forma che dà lo bene supremo, cioè Iddio: ogni cosa torna secondo che la sua providenzia dispone e ordina, et ogni cosa torna in bene: imperò che Iddio non vuole, nè può volere altro che bene.
C. IX — v. 109-117. In questi tre ternari lo nostro autore finge come in quello cielo si rappresenti Raab, che fu quella femina che ricevette quelli del popolo d’Iddio che furno mandati da Iosue in Ierico; unde secondo che è scritto nel libro di Iosue ne la Bibbia, quando lo popolo d’israel intrò in terra di promissione, combattette la città di Ierico che non li volse ricevere. E per vedere e sapere le condizioni della città, Iosue mandò nella terra tre uomini del popolo d’Iddio scognosciuti, acciò che vedessono la città dentro, e stativi alcuni di’ furno cognosciuti e volseno essere presi; ma eglino fuggittono in casa della detta Raab, la quale era femina meretrice accesa eccessivamente d’amore, et avea la casa sua in su le mura della città, et intrati in casa sua si manifestorno a lei, et ella per l’amore d’Iddio li campò e calogli giù da le mura della città per la finestra. Unde ellino le dierno uno panno vermiglio, dicendoli che quando ellino intrassono ne la città, ella lo cavasse fuora e sarebbe sicura ella e chi fusse con lei, e così addivenne: imperò che, ruinando la città et ardendo lo fuoco, lassò la casa sua e rimase libera da lo incendio e da la ruina. E però l’autore finge che Folco, lo quale introdusse di sopra a parlare, li mostrasse questa Raab, perch’ella fu accesa d’amore et ebbe fede a le parole che coloro li disseno come persona benivola et amorosa in verso lo prossimo, e però dice: Ma perchè tutte le tue vollie; cioè 1 voluntadi di te Dante, piene; cioè sazie, Ten porti; cioè te ne porti, che; cioè le quali voluntadi, son nate; cioè sono venute a te Dante, in questa spera; cioè poi che tu fosti in questo corpo di Venere, secondo la lettera, ma secondo l’allegoria si dè intendere, poichè tu intrasti in questa materia, Proceder ancora oltra; cioè a narrarti, mi conviene; cioè a me Folco, che veggo che tu ài anco vollia di saper chi è questo spirito che è presso a me; e manifestali la sua voluntà, cioè dell’autore. E questo finge l’autore, per mostrare 2 quel che àe detto di sopra, cioè che li beati vedeno in Dio le voluntà nostre, e dice: Tu vuoi saper; cioè tu, Dante; ecco