Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/564

Da Wikisource.
     552 p a r a d i s o   x i x . [v. 124-135]

lasciò la impresa de lo imperio, e per viltà d’animo non la seguitò; e di quel di Buemme; cioè del re di Boemia, che ebbe nome Vinceslao che fu omo lussurioso e lascivo, del quale fu fatto menzione nella seconda cantica nel canto vii, quando disse: Ottachero ebbe nome e ne le fasce Fu mellio assai che Vinceslaio, suo fillio Barbuto, cui lussuria et ozio pasce. — Che; cioè lo quale Vinceslao, non volle nè cognobbe mai valor; però che dato era pur ai diletti corporali. Vedrass’ al ciotto di Ierusalemme; cioè vedrassi al re di Ierusalem, cioè a Carlo secondo figliuolo del re Carlo primo re di Pullia e di Sicilia, che s’intitula re di Ierusalem, lo quale fu sciancato, e però dice ciotto, che viene a dire sciancato o zoppo, et elli fu chiamato Carlo zoppo, Segnata con un I; cioè scritta con poghe lettere, perchè fi’ poca; e, per dimostrare la sua poganza, dice segnata con un I, che è la più piccola lettera de l’alfabeto, la sua bontate; pensa dunque quanta sarà: questi non ebbe se non una bontà, che fu cortese; vizioso fu molto, e massimamente di lussuria; e scusavasene, perchè diceva che sarebbe divenuto lebbroso, e fu questo corruttore di fanciulle vergini, Quando ’l contrario; cioè de la sua bontà, che è lo male, segnerà un emme; cioè sarà segnato con grande scrittura, perchè sarà assai, e questo si nota per l’emme che è tretanta che l’I: imperò che la lettera M àe in sè tre I, coniunti l’uno coll’altro, sicchè per questo dà ad intendere che ’l male, che fia segnato a lo sciancato di Ierusalem, sarà tretanta che ’l bene: imperò che ’l bene sarà segnato con uno I e lo male con uno M. Vedrassi l’avarizia e la viltate Di quei che guarda l’isula del foco; cioè del re di Sicilia, che è detta isula di fuoco per Mungibello che soleva gittare fuoco, benchè ora non ne gitti. Ove; cioè nella quale isula, cioè a Trapani, Anchise; cioè lo padre d’Enea troiano, finì la lunga etate: però che quive morì essendo vecchio, come dice Virgilio nel III.° dell’Eneide: Hinc Drepani me portus et illaetabilis ora Accipit. Hic pelagi tot tempestatibus actus, Heu! genitorem omnis curae casusque levamen, Amitto Anchisen. Hic me, pater optime, fessum Deseris ec. Questi fu Federigo re di Sicilia, che fu avaro e vile. Et a dare ad intender quanto è poco; cioè lo peccato suo, cioè di don Federigo, La sua scrittura fien lettere mozze; cioè sarà sì grande, che converrà che si scriva con lettere mozze, che tegnano meno luogo e capene più 1, Che noteranno molto in parvo loco; cioè aranno grande irnportanzia e terranno poco luogo: imperò che male sarà assai.

C. XIX — v. 136-148. In questi quattro ternari et uno versetto lo nostro autore finge come la detta aquila continuò lo suo parlare, incominciato a narrare li regni e li regi della cristianità, e così

  1. C. M. luogo che le lunghe sì che in piccolo luogo ne caprà assai.