Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/734

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Sole: imperò che io era nell’ottava spera, un segno e più partito; cioè diviso da segno di Gemini, nel quale io era, uno segno, cioè Tauro, e tanto più quanto lo Sole avea a passare d’Ariete, e così era dinanzi. La mente innamorata; cioè mia di me Dante, che; cioè la quale mente, donnea; cioè va, Co la mia donna sempre; cioè con Beatrice: però che sempre va e sta con lei; e questo si debbe intendere quanto al pensieri, di ridure; cioè di recare, Ad essa; cioè a la detta mia donna Beatrice, li occhi; cioè della mente; la ragione e lo intelletto, ardea; cioè desiderava, più che mai; cioè più che alcuna altra volta: imperò che maggiore necessità aveva ora de la santa Teologia che in fine a qui, perchè la materia è più alta et è bisogno de’detti de’santi Dottori. E se natura; cioè naturante, o vero naturata, o arte fe pasture; cioè esche, Di pilliare occhi; questo dice, perchè ’l piacere della persona s’apprende cogli occhi, e passa dentro ne la mente; e però dice: per aver la mente: imperò che l'amore piglia la mente et il cuore, In carne umana; questo determina quello fe pasture— ,o ne le sue pitture: però che l’uomo s’innamora d’uno bello corpo umano, o d’una bella dipintura, e pigliane piacere, Tutte adunate; cioè le dette pasture 1 raunate, parrebber niente; cioè nulla parrebbono, Ver lo piacer divin; cioè inverso e rispetto del piacere d’Iddio, che; cioè lo quale piacere, mi rifulse; cioè mi risplendè, Quando mi volsi; cioè quando io volsi me Dante, al suo viso ridente; cioè al viso allegro e ridente di Beatrice. Seguita. C. XXVII — v. 97-111. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come dell’ottava spera sallitte a la nona, che è lo primo mobile; e come Beatrice li dichiara lo luogo, dove elli era sallito a quello nono cielo, dicendo così: E la virtù; cioè cognitiva et intellettiva, che; cioè la quale, lo sguardo; cioè lo ragguardamento di Beatrice, cioè della santa Scrittura, m’indulse; cioè diede a me Dante: imperò che lo ragguardare la santa Scrittura e lo intendimento, che aveva di quella, li diede virtù e possanza di lasciare lo trattato dell’ottava spera e pigliare a dire della nona, e però dice: Del bel nido di Leda; cioè del segno chiamato Gemini 2, lo quale fingeno li Poeti essere fatto di Polluce e Castore figliuoli di Iove e di Leda, co la quale Iove stette mutato in ispecie di ciecino; unde ella ingravidò di due uova, dell’uno de’quali nacque Elena, e dell’altro Polluce e Castore. E perchè l’uova stanno ne’nidi et usanza è de’Poeti ponere la contenente per la cosa contenuta, pone l’autore lo nido per lo

  1. C. M. pasture, che sono li piacimenti tutti raunati insieme, Parrebber niente; cioè parrebbeno nonnulla, Ver
  2. C. M. Gemini, cioè per Polluce e Castore. La verità di questa fizione è che Iove prese Leda, portando la insegna del cecino; e però fingeno li Poeti che in spezie di cecino stesse con lei, e l’altre parti della finzione, mi divelse;