103Quale colui, che forse di Cloazia1
Viene a veder la Veronica nostra,
Che per l’antica fame non sen sazia;2
106Ma dice nel pensier, finchè si mostra:
Signor mio, Iesu Cristo, Iddio verace,
Or fu sì fatta la sembianza vostra?
109Tale era io, mirando la vivace
Carità di colui, che ’n questo mondo
Contemplando, gustò di quella pace.
112Figliuol di grazia, quest’esser iocondo,
Cominciò elli, non ti sarà noto
Tenendo li occhi pur quaggiù al fondo;
115Ma guarda i cerchi fin al più remoto,
Tanto che veggi seder la Regina,
Cui questo regno è suddito e devoto.
118Io levai li occhi; e come da mattina
La parte oriental dall’orizonte
Soverchia quella, dove ’l Sol declina;
121Così, quasi di valle andando al monte3
Colli occhi, vidi parte ne lo stremo
Vincer di lume tutta l’altra fronte.4
124E come quivi, ove s’aspetta ’l temo,
Che mal guidò Fetonte, più s’infiamma,
E quinci e quindi il lume si fa scemo;
127Così quella pacifica Oriafiamma
Nel mezzo s’avvivava, e d’ogni parte
Per equal modo allentava la fiamma.
- ↑ v. 103. C. A. Croazia
- ↑ v. 105. C. A. si sazia;
- ↑ v. 121. Di valle al monte; di basso all’alto, modo avverbiale vivente pure oggi in quel d’Urbino. E.
- ↑ v. 123. C. M. C. A. del lume