Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/867

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c a n t o     xxxiii. 855   

103Però che ’l ben, che è del voler obietto,
     Tutto s’accollie in lei, e fuor di quella
     E defettivo ciò che è lì perfetto.1
106 Omai serà più corta mia favella
     Pur a quel, ch’io ricordo, che d’un fante,2
     Ch’ancor bagni la lingua a la mammella;
109Non perchè più ch’un simplici sembiante
     Fusse nel vivo lume ch’io mirava,
     Che tale è sempre, qual s’era davante;
112Ma per la vista, che s’avvalorava
     In me, guardando, una sola parvenza,
     Mutando me, a me si travalliava.3
115Ne la profonda e chiara sussistenza
     Dell’alta luce parvermi tre giri
     Di tre colori, e d‘una continenza;
118E l’un dall’altro, come Iri da Iri,
     Parea reflesso; e ’l terzo parea foco,
     Che quinci e quindi equalmente spiri.4
121Oh come è corto ’l dire, e come fioco5
     Al mio concetto! e questo a quel, ch’io vidi,
     È tanto, che non basta a dicer poco.
124O somma luce, che sola in te sidi,6
     Sola te ’ntendi, e da te intelletta,
     Et intendente te a me arridi,7
127Questa circulazion, che sì concetta
     Pareva in te, come lume reflesso,
     Dalli occhi miei alquauto circuspetta,

  1. v. 105. C. M. ch’egli è
  2. v. 107. C. M. che d’infante,
  3. v. 114. C. A. Mutandomi io a
  4. v. 120. C. A. si spiri,
  5. v. 121. C. A. O quanto è
  6. v. 124. C. A. O luce eterna,
  7. v. 126. C. A. te ami ed arridi,