103Però che ’l ben, che è del voler obietto,
Tutto s’accollie in lei, e fuor di quella
E defettivo ciò che è lì perfetto.1
106 Omai serà più corta mia favella
Pur a quel, ch’io ricordo, che d’un fante,2
Ch’ancor bagni la lingua a la mammella;
109Non perchè più ch’un simplici sembiante
Fusse nel vivo lume ch’io mirava,
Che tale è sempre, qual s’era davante;
112Ma per la vista, che s’avvalorava
In me, guardando, una sola parvenza,
Mutando me, a me si travalliava.3
115Ne la profonda e chiara sussistenza
Dell’alta luce parvermi tre giri
Di tre colori, e d‘una continenza;
118E l’un dall’altro, come Iri da Iri,
Parea reflesso; e ’l terzo parea foco,
Che quinci e quindi equalmente spiri.4
121Oh come è corto ’l dire, e come fioco5
Al mio concetto! e questo a quel, ch’io vidi,
È tanto, che non basta a dicer poco.
124O somma luce, che sola in te sidi,6
Sola te ’ntendi, e da te intelletta,
Et intendente te a me arridi,7
127Questa circulazion, che sì concetta
Pareva in te, come lume reflesso,
Dalli occhi miei alquauto circuspetta,
- ↑ v. 105. C. M. ch’egli è
- ↑ v. 107. C. M. che d’infante,
- ↑ v. 114. C. A. Mutandomi io a
- ↑ v. 120. C. A. si spiri,
- ↑ v. 121. C. A. O quanto è
- ↑ v. 124. C. A. O luce eterna,
- ↑ v. 126. C. A. te ami ed arridi,