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paradiso

nendolo, commetter peccato maggiore. Giuseppe storico dice che offrì un olocausto non grato a Dio, ma dovuto. Fu stolto nei fare il voto; fu crudele nel mantenerlo. Diii Cretese, che fece parte della guerra di Troia, racconta che Agamennone, presso Aulide, e dintorno al Lago di Diana aveva trafitta una capra sacra a quella Dea, e non molto dopo, o per ira celeste o per influsso dell’aria mal sana, si sviluppò tal peste fra l’esercito greco, alla quale non era rimedio alcuno. Ma un’indovina asserì, che l’unico rimedio a tanto male era il sacrifizio della figlia di Agamennone ad espiazione dei sacrilegio commesso contro Diana colI’ uccisione della capra in torno al lago a lei sacro. Si oppose Agamennone, ma durando la pestifera strage, gli altri duci tolsero al sacrilego il comando. Ulisse intanto, tessitore di frodi, andò a Mi- cene, con finte lettere di Agamennone, che affermavano Ifigenia essere sposa di Achille, e la madre volentieri condiscendeva alla finzione, perchè Achille era il primo nella fama, e così la sottraeva al pericolo. Ma nulla valse; non il pianto di Agemennone, non la menzogna di Ulisse, non 1’ autorità del vecchio Nestore, perché Ifigenia si risparmiasse. Mentre pertanto Ulisse, Menelao e Calcante ornavano di fiorì e di bende la vergine che doveva sagrificarsi, sorse una fiera tempesta, la più terribile che si fosse vista in quel luogo, e spaventati i sacrificatori stavano in forse di compiere il sagrifizio. Ed ecco si udì una voce dalla foresta che diceva — tal sorta di sagrifizi non piacere alla Dea; perciò doversi lasciar libera la vergine: Agamennone pagherebbe il fo per mezzo della moglie, Troia caduta: invece di una vergine venisse immolato quanto si trovasse nel bosco. Cessò allora in un subito la tempesta, ed apparve innanzi alla moltitudine stupefatta una bianchissima cerva che venne immolata sull’altare stesso, sul