Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/127

Da Wikisource.

canto

Vi. 117

e fuoco. In tale estremo più splendette la virtù de’ romani, iinperoccbé i primari cittadini vestiti delle insegne di loro rappresentanze si fecero scannare ne’stalli senatorii anziché abbandonarli. Ma i giovani arditi, benché di numero minore, per sei interi mesi sostennero la difesa della rocca del Campidoglio, e conoscendo che i barbari cominciavano a patire per fame, promisero loro mille libre d’oro. purché si allontanassero, e liberassero la rocca dall’ assedio. I galli accettarono, ma nelle promesse, e nella misura dell’oro, pretendendone assai di più, contendevano. Nel mentre però che si quisuonava sul peso, Camillo quantunque assente, creato dittalore, coi romani dispersi ed a sè raccolti, e coll’aiuto di amici piombò all’ impensata sui galli, e tutti trucidandoli, smorzò la polvere, da essi per tanto tempo calpestata, col loro sangue. Pirro della schiatta di Achille, cugino di Alessandro Magno re di Epiro, che si divide dalla Calabria per uno stretto di mare, fu chiamato in aiuto dai tarentini contro i romani. Egli operò in Italia grandi guerre, spesso vincitore, mostrando pci primo l’uso degli elefanti nelle battaglie. Tutte devastò le lerre della Campania fino a Preneste. In ultimo fu vinto da Fabrizio e da Curio consoli, che di lui menarono superbo trionfo. E fu in quella guerra che l’animo e la grandezza romana si conobbero maggiormente, perché Pirro non solo non potè vincere Fabrizio coIl’ oro, ma neppure il più ‘stile della plebe con doni. Durò la guerra di Pirro quattro anni. Egli abbandonando 1’ Italia passò in Grecia guerreggia odo in Tessaglia e Macedonia. Mentre tentava di espugnare Argo fu colpito da un sasso scagliato da una donna, e morì esempio di quanto poco 1’ uomo possa fidarsi delle prosperità. e sai quel che fe quell’aquila portata da li egregi romani in contra