Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/138

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paradiso

prendere Cesare in mezzo, ma il numero maggiore, e la diversità de’combdtt.enti non potendosi reggere da un solo, gli fu cli danno maggiore. Cesare invece per supplire al numero minore faceva le veci del soldato, e del duce, ora uccidendo, ora animando, ora comandando e correndo per tutto, ed a tutto provvedendo. Mise i cavalli in prima fila, e tra i cavalli i pedoni stretti ed uniti insieme a modo, che sembravano un muro di ferro. Non potendo forano la prima schiera di Pompeo retrocedette: Pompeo avvilito da tal fuga abbandonò esso pure la battaglia; ma lui lontano, niuno de’ suoi stette fermo e Cesare che prima esortava a ferire il nemico nella faccia, allora gridava — che si perdonasse ai concittadini che s’ inseguivano Penirono quindici mila tra cavalli e pedoni di Pompeo, senza far conto delle morti degli ausiliari enuti da tutte parti d’ Oriente, che secondo Floro erano trecento mila, non contando gli altri spediti dai re alleati e dal senato. Erano i veri combattenti undici legioni dalla parte di Cesare, diedotto dalla parte di Pompeo. Pompeo intanto fuggiva sur un meschino cavallo al lido (lei mare, e presa la moglie in una barca volse all’ Egitto, sperando che Tolomeo cui era stato tutore per decreto del senato, e cui aveva conservato il regno, lo avrebbe accolto e difeso. Tolomeo adunò il consiglio de’ suoi grandi, che deliberarono doversi uccidere anzichè ospitarlo; e di fatto recisergli il capo e gettarono il corpo nel mare. Riserbarono la testa recisa per farne un presente a Cesare vincitore, il quale con pochi suoi fidi, forte nella fama che valeva non meno dell’ esercito suo, era già in poco tempo arrivato in Alessandria, dove corse il maggiore pericolo di sua vita. Achilla, prefetto dì Tolomeo, che aveva bevuto il sangue di Pompeo, avido di bere anche quello (li Cesare, per 1’ odio contro i roDigitized by Google