Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/169

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canto

Vili. l9

A chi avesse quei lumi divini Veduto a noi venir, lasciando il giro Pria cominciato in gli alti Serafini: 27 E dentro a quei che più innanzi appariro, Sonava Osanna si, che unque poi Di riudir non fui senza desiro. Indi si fece l’un più presso a noi, E solo incominciò: tutti sem presti AI tuo piacer, perchè di noi ti gioi. Noi ci volgiam coi principi celesti D’un giro, d’un girare e d’una sete, A’ quali tu nel mondo già dicesti: Voi, che intendendo il terzo Ciel movete; E sem sì pien d’amor, che, per piacerti, Non fia men dolce un poco di quiete. 39 Poscia. che gli occhi miei si furo offerti Alla mia Donna reverenti, ed essa Fatti li avea di sè contenti e certi, 42 Rivolsersi alla luce, che promessa Tanto s’avea; e: deh chi siete, fue La voce mia di grande affetto impressa. E quanta e quale vid’io lei far piue Per allegrezza nuova che s’accrebbe, Quand’io parlai, all’allegrezze sue! 48 Così fatta, mi disse, il mondo m’ebbe Giù poco tempo; e, se più fosse stato, Molto sarà di mal che non sarebbe. La mia letizia miti tien celato, Che mi raggia dintorno e mi nasconde, Quasi animai di sua seta fasciato. 54 Assai m’amasti, ed avesti bene onde: