Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/189

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GATO ix. 179 In quella parte della Terra prava Italica, che siede intra Rialto, E le fontane di Brenta e di Piava, 27 Si leva uiì colle, e non surge molto alto, Là onde scese già una facella, Che fece alla contrada grande assalto. 30 D’una radice nacqui e io ed ella: Cunizza fui chiamata, e qui rifulgo, Perchè mi vinse il lume d’esta stella. Ma lietamente a me medesma indulgo La cagion di mia sorte, e non mi noia; Che forse parria forte al vostro vulgo. 56 Di questa luculenta e cara gioia Del nostro cielo, che più m’è propinqua, Grande fama rimase, e, pria che muoia, 59 Questo centesimo anno ancor s’incinqua: Vedi se far si dee 1’ uomo eccellente, Sì che altra vita la prima relinqua: E ciò non pensa la turba presente, Che Tagliamento e Adige richiude, Nè per esser battuta ancor si pente. Ma tosto fia, che Padova al palude Cangerà l’acqua che Vicenza bagna, Per esser al dover le genti crude. 48 E dove Sue a Cagnan s’accompagna, Tal signoreggia e va con la testa alta, Che già per lui carpir si fa la ragna. Piangerà Feltro ancora la diffalta Dell’empio suo paslor, che sarà sconcia Sì, che per simil non s’entrò in Malta. Troppo sarebbe larga la bigoncia