Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/241

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canto

XII. 231

Che tosto imbianca se il vigaio è reo: 87 E alla Sedia, che fu già benigna Più ai poveri giusti, non per lei Ma per colui che siede e che traligna, 90 Non dispensare o due o tre per sei, Non la fortuna di prima vacante, Non decimas, quw sunt pauperum Dei, 93 Addimandò, ma contra il mondo errante Licenzia di combatter per lo seme, Del qual ti fascian ventiquattro piante. 96 Poi con dottrina e con volere insieme, Con I’ uficio apostolico si mosse, Quasi torrente che alta vena preme: 99 E negli sterpi eretici percosse L’impeto suo più vivamente quivi, Dove le resistenze eran più grosse. 102 Di lui si fecer poi diversi rivi, Onde 1’ orto cattolico si riga, Sì che i suoi arbuscelli stan piiì vivi. 10 Se tal fu i’ una ruota della biga, In che la santa Chiesa si difese, E vinse in campo la sua civil briga, 108 Ben ti dovrebbe assai esser palese L’ eccellenza dell’ altra, di cui Tomma Dinanzi al mio venir fu sì cortese. 111 Ma l’orbita4 che fe’ la parte somma Di sua circonferenza, è derelitta, Sì ch’è la muffa dove era la gromma. I 14 La sua famiglia, che si mosse dritta Coi piedi alle sue orme, è tanto volta, Che quel dinanzi a quel diretro gitta: 117