Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/282

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paradiso

un suono e non ode, o ben distingue la voce del canto. Io m innamorava tanto quinci per questa melodia, e per le distinte voci che in fino a li non fue cosa akuna che mi ligasse con si dolci vinci che fino a quel momento non aveva trovata cosa alcuna che mi tenesse tanto legato. forse la mia paroki par troppo osa forse il mio detto ti pare troppo azzardato posponendo ilpiacer degli occhi belli mettendo da meno di quella melodia il piacere di mirar gli occhi di Beatrice nei quali mirando mio desio a posa nei quali trova pace ogni mio desiderio. Ma non l’aveva posposta, imperocchè descrivendo la dolcezza del canto di quelli spiriti per la maggiore che avesse udita, descrisse anche la maggiore esaltazione e bellezza di Beatrice, ed il confronto porta di necessità l’idea del confrontato; ma chi si avede ma chiunque osservi che que sugelli che i beati d ogni bellezza piu fanno degni piususo quanto più si avvicinano all’ empi reo, tanto più sono perfetti eh io non m era rivolto ad elli e che Dante non erasi ancor rivolto a Beatrice, e non gli si era ancora dischiuso il divino piacere degli occhi suoi, e quindi non l’aveva compresa nel paragone excusar pomi di quel eh io m accuso: forse la mia parola par troppo osa per excusarmi cI tsdirmi dir vero mi può far ragione di scusa la mia stessa accusa, e conoscere che io dico il vero; che i piacer santo non e qui dischiuso perché non mi si è in questo cielo per anche aperto il piacer santo degli occhi di Beatrice perche si fa montando piu sincero che, quanto più alto sale, diventa più perfetto.