Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/342

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paradiso

menava Beatrice, o la teologia che conduce gli uomini a Dio disse mi disse muta pensier cangia pensiero: cosi mostra Dante che pensava alla vendetta de’ suoi nemici pensa eh io sono presso a Colui che ogni torto disgrava pensa che io sono presso a Dio che dice a me la vendetta ed io retribuirò — io mi rivolsi a I amoroso sono dcl mio conforto in i rivolsi al suono di quelle amorose parole che mi confortavano delle avversità minacciate e qual amor io allor vidi negli occhi santi qui i abbandono e q4anto amore io vidi allora ne’di lei occhi lascio di dirlo, non perche io pur del mio parlar diffidi ma per la mente che non po redire supra si tanto s altri non la guida non solamente perchè io disperi di irovar parole a ciò efficaci, ma per cagione ezianclio della memoria che non può rappresentare convenientemente 1’ immagine veduta, se non è aiutata dalla grazia celeste: tanto poss io di quel pinido ridire soltanto posso io dire di quel momento che ‘iinirando lei che mirandola libero fu lo mio affecio da ogni altro desire ossia io non ebbi più nulla a desiderare. Finche I piacere eterno che dietro ragiava in Beatrice finché il divino lume che direttamente raggiava ìn Beatrice del bel viso mi contentava col secondo aspecto vincendo inc con lume dun sorrixo del bel viso di lei mi contentava col secondario venire agli occhi miei, con un sorriso distogliendomi da quella beata contemplazione èlla mi disse. — L’ uomo non può immediatamente vedere Iddio, ma solo per mezzo di Beatrice, come l’uomo vede il sole per mezzo di uno specchio che lo rifletta. volgite ci ascolta ‘volgiti al tuo antico parente, ed ascoltalo che non pur ne miei ochi e Paradiso che il Paradiso non è negli occhi miei. io conobbi la voglia in lui di ragionarmi ancora alquanto mi accorsi che Cacciaguida aveva ancora volontà di parla rimmi nel /kunmeygiar del folgore